sabato 30 agosto 2003

Col compasso tracciami lune piene sullo zigomo e cucimi i tuoi labirinti sulla schiena


Il numero 5 di BOmbaSicilia sarà dedicato alla Luna: serve anche il vostro aiuto, ne hanno parlato in lungo e in largo poeti, astronomi, Vasco Rossi, Max Gazzè e Leopardi le ha regalato più aggettivi di quanti ne ha riservato agli occhi di Silvia.


Qui lascerò quello che vado trovando su lei e la sua faccia da teschio spolpato, iniziamo:


Riflettendo su quella pietra abbandonata sospesa là nell'abisso, ci si potrà sentire, in maniera assai numinosa, dei vermi, degli esseri vili e inutili rispetto a immensità del tutto incomprensibili. "Il silenzio eterno di questi spazi infiniti mi spaventa". Ci si potrà sentire come si sentiva Pascal. Oppure si potrà avere la stessa reazione di Paul Valéry. "Il silenzio eterno di questi spazi infiniti non mi spaventa". Non è detto, infatti, che contemplare l'astronomica luna di pietra ci annichilisca. Al contrario può indurci a gioire, a esultare per la nostra condizione umana (...). La pietra ci guata dalla nera immensità, come un memento mori. Ma noi sappiamo che è un memento mori, e questo giustifica un certo senso d'orgoglio umano. Abbiamo il diritto di provare una vaga, sobria esultanza.


Aldous Huxley, "Riflessioni sulla luna" (1931) (segnalato da C. M. Gaston)


io voglio bestemmiarla la luna
porca luna
bastarda
pezzo di roccia galleggiante
puttana
adorata da branchi di poeti in estro
avvelenatrice
che dona rime diabetizzanti
gigiona
sorridente a tutto ciò che incombi
obesa
gongolante rotolatrice pallosa
luna
vattene via!
che m'inquini il cielo e smorzi
quelle stelle che brillano
quelle sì,
di luce loro e basta.


inculoallaluna!unosettesette002 (versi di DDT, declamati con successo alla Biennale di Porto Ercole)


PAESAGGIO


Ci sarà la luna.
Ce ne sta
già un po'.
Ecco che pende piena nell'aria.
E' Dio, probabilmente,
che con un meraviglioso
cucchiaio d'argento
rimesta la zuppa di pesce delle stelle. (Majakovskij)


Cerco risposte che tu non puoi darmi,
sfoderi il tuo sorriso smagliante
solo per attirare i mari,
poi ti nascondi per spiarmi.
Tu non custodisci ciò che ho perso
ombrelli, chiavi, calzini spaiati
finisconono scaraventati
nei buchi neri dell'universo,
sogni amori desideri gioielli
sono merce per i tuoi loschi affari,
per non parlare della gioventù.
Tempo sprecato quello a faccia in su
in attesa di un segno incoraggiante:
ciò che è perduto non ritorna più.


versi di Teresa Zuccaro


Ora tocca a voi...

Col compasso tracciami lune piene sullo zigomo e cucimi i tuoi labirinti sulla schiena


Il numero 5 di BOmbaSicilia sarà dedicato alla Luna: serve anche il vostro aiuto, ne hanno parlato in lungo e in largo poeti, astronomi, Vasco Rossi, Max Gazzè e Leopardi le ha regalato più aggettivi di quanti ne ha riservato agli occhi di Silvia.


Qui lascerò quello che vado trovando su lei e la sua faccia da teschio spolpato, iniziamo:


Riflettendo su quella pietra abbandonata sospesa là nell'abisso, ci si potrà sentire, in maniera assai numinosa, dei vermi, degli esseri vili e inutili rispetto a immensità del tutto incomprensibili. "Il silenzio eterno di questi spazi infiniti mi spaventa". Ci si potrà sentire come si sentiva Pascal. Oppure si potrà avere la stessa reazione di Paul Valéry. "Il silenzio eterno di questi spazi infiniti non mi spaventa". Non è detto, infatti, che contemplare l'astronomica luna di pietra ci annichilisca. Al contrario può indurci a gioire, a esultare per la nostra condizione umana (...). La pietra ci guata dalla nera immensità, come un memento mori. Ma noi sappiamo che è un memento mori, e questo giustifica un certo senso d'orgoglio umano. Abbiamo il diritto di provare una vaga, sobria esultanza.


Aldous Huxley, "Riflessioni sulla luna" (1931) (segnalato da C. M. Gaston)


io voglio bestemmiarla la luna
porca luna
bastarda
pezzo di roccia galleggiante
puttana
adorata da branchi di poeti in estro
avvelenatrice
che dona rime diabetizzanti
gigiona
sorridente a tutto ciò che incombi
obesa
gongolante rotolatrice pallosa
luna
vattene via!
che m'inquini il cielo e smorzi
quelle stelle che brillano
quelle sì,
di luce loro e basta.


inculoallaluna!unosettesette002 (versi di DDT, declamati con successo alla Biennale di Porto Ercole)


PAESAGGIO


Ci sarà la luna.
Ce ne sta
già un po'.
Ecco che pende piena nell'aria.
E' Dio, probabilmente,
che con un meraviglioso
cucchiaio d'argento
rimesta la zuppa di pesce delle stelle. (Majakovskij)


Cerco risposte che tu non puoi darmi,
sfoderi il tuo sorriso smagliante
solo per attirare i mari,
poi ti nascondi per spiarmi.
Tu non custodisci ciò che ho perso
ombrelli, chiavi, calzini spaiati
finisconono scaraventati
nei buchi neri dell'universo,
sogni amori desideri gioielli
sono merce per i tuoi loschi affari,
per non parlare della gioventù.
Tempo sprecato quello a faccia in su
in attesa di un segno incoraggiante:
ciò che è perduto non ritorna più.


versi di Teresa Zuccaro


Ora tocca a voi...

giovedì 28 agosto 2003

Questo ricordo lo vorrei raccontare


La Seconda Guerra Mondiale si è portata via il fratello di mia nonna, disperso in Russia nell’inverno dei suoi 18 anni.
Sì, aveva 18 anni ed era capoclasse al Liceo Classico. Hanno provato a farlo restare, gli avevano detto di tagliarsi un dito… Piangendo è salito sul treno ed è andato a morire con tutte e dieci le dita, con la certezza che nessuno lo avrebbe chiamato mai "disertore". È morto assiderato: la voglia di tornare da sua madre e da sua sorella nella sua bella casa del Corso Umberto I non è bastata a riscaldarlo.
In mezzo alla neve, con i piedi ghiacciati, la retorica del “Dulce et decorum est pro patria mori” non serve a molto.
Ora è su una lapide, sulla facciata del Municipio, insieme agli altri che, dicono, furono “fulmini scagliati contro l’orda nemica”.

Questo ricordo lo vorrei raccontare


La Seconda Guerra Mondiale si è portata via il fratello di mia nonna, disperso in Russia nell’inverno dei suoi 18 anni.
Sì, aveva 18 anni ed era capoclasse al Liceo Classico. Hanno provato a farlo restare, gli avevano detto di tagliarsi un dito… Piangendo è salito sul treno ed è andato a morire con tutte e dieci le dita, con la certezza che nessuno lo avrebbe chiamato mai "disertore". È morto assiderato: la voglia di tornare da sua madre e da sua sorella nella sua bella casa del Corso Umberto I non è bastata a riscaldarlo.
In mezzo alla neve, con i piedi ghiacciati, la retorica del “Dulce et decorum est pro patria mori” non serve a molto.
Ora è su una lapide, sulla facciata del Municipio, insieme agli altri che, dicono, furono “fulmini scagliati contro l’orda nemica”.

domenica 24 agosto 2003

That's Sicily - con i dubbi arancioni in testa


Prima delle benefica arrifriscata nessuno s'arrischia a mettere fuori l'alluce, solo lui che si fa portare a passeggio dalla sua cagnolona, gli scolano i sudori, le ascelle piangono come un autobus di donne alla prima di My Life ma lui continua, passo dopo passo con i bermuda inzuppati e i sandali appiccicosi. L'asfalto alita e all'orizzonte le auto vibrano nell'aria del pomeriggio, le case sono chiuse a tenuta stagna, non deve uscire nemmeno un pò dell'aria scoreggiata dai condizionatori.
Era Camus che scriveva che basta poco per conoscere una città: "cercare come vi si lavora, come vi si ama e come vi si muore". A Bagheria le cose sono ancora più facili, si fa tutto allo stesso modo: con calma, senza premura. Si sa già che il ponte se lo terranno tra i progetti da snocciolare a ogni campagna elettorale, va così dai tempi di Federico II, quello sì che aveva capito tutto della Sicilia. La Scuola Siciliana era il migliore contributo che le tre punte dell'isola potessero regalare al mondo, dateci sole, mare e spunti per continuare a poetare.
Continua a camminare il sudante, attaccato al guinzaglio, ripensa a quanto è bella Palermo la sera, tra i binari arrugginiti ad aspettare il treno che è ancora, per fortuna, lontano.
Fischietta qualche canzone ripescata dall'archivio mentale, gli piace pensare ai suoi neuroni come altrettanti ciclisti del tour di france e del Giro d'Italia che pedalano superando montarozzi e tornanti per arrivare a formare pensieri unici.
Le saracinesche sono tutte calate con i cartelli che ricordano che ad agosto si pratica l'orario unico, dalle 9 alle 13, senza eccezioni, restano solo le macchinette dei tabaccai a sputare le assassine bianche e arancioni e dicotomiche. Sì, dicotomiche, con nient'altro si è caduto in contraddizione come con le sigarette: prima hanno fatto diventare patrimonio dell'umanità le sigarette penzolanti di James Dean e di Humphrey Bogart, fumavano tutti i belli dannati d'annata e ora dietrofront. Va bene ma perchè trasformare i pacchetti in necrologi e continuare a gestire il monopolio di Stato? Camminava con 'sti dubbi arancioni in testa, livellando i marciapiedi.
il Corso Principale lo porta sotto i salici di Piazza Garibaldi tra i bagheresi che ricordano degli americani le barrette di cioccolata e le camel, quelle buone, senza filtro in quell'estate del '43. Loro passano così i pomeriggi, seduti sui muretti grigi e sbrecciati delle aiuole comunali. Appoggiano le chiappe sui giornali passati o su pezzi di cartone, i più attrezzati si portano dietro un cuscino infilato in una busta della Sma. Parlano, ridono con in bocca dentiere che finiranno di pagare tra 4 anni. Arriva pure il reduce che si è perso le gambe su una mina inesplosa, non lo ammetterà mai ma inneggia ancora alla Buon'Anima e rimpiange la colonia estiva dove spediva i troppi figli che la moglie continuava a sfornare.
Cammina il ragazzo, cammina dietro il cane attaccato al guinzaglio come se fosse un bambino che tiene la coda di un aquilone, qui si chiamano draghi volanti e si sono estinti, si vedono volare solo quelli dei cinesi nelle mattinate di vento lungo il bagnasciuga del Foro Umberto I nella bella Palermo, nessun bambino se lo costruisce più facendo croci di bambù.
Dicono che prima si passeggiasse sino alle prime ore dell'alba ora già alle 8 e mezza di sera nessuno più si arrischia a scendere in strada, sembra una città fantasma ma è un'impressione falsa come una banconota da tre euro. C'è troppo rispetto per i fantasmi e per le lumie, questo è il vero motivo. I vivi dividono la città con i loro morti e lo fanno con equità, col sole la città è dei cristianeddi che ancora respirano ma appena scende la notte tocca ai defunti passeggiare tra le ville del Settecento che tanto piacquero a Goethe.
Sono morti tutti in una delle tante guerre di Mafia, si sono beccati il loro colpo di livella e ora passeggiano vicino assassini e assassinati, nessun vivo si arrischia a uscire nell'ora dei morti, brucia ancora il ricordo di tutti quei colpi di beretta e quel gesto diventato troppo presto un'abitudine: al primo sparo toccava alla madre calare piano piano la serranda, accostare le tende e alzare il volume della radio e del televisore.
Cammina ancora il ragazzo, si passa un kleenex sulla fronte e pensa con quanta facilità si cambi bandiera sotto il sole di Sicilia, sì, si ci abitua a tutto qui, si cambia presto l'adesivo sull'auto a tempo d'elezioni come nell'URSS si ci spicciava a sostituire le facce sui muri a seconda delle decisioni del Politburo.
Passeggia il ragazzo, passeggia sulla voglia di lavoro, sui posteggiatori abusivi che giurano che t'hanno taliato e ritaliato la macchina come se fosse "cosa loro".
I cani ci somigliano: dormono e mangiano senza pensare alla maledetta e amatissima Sicilia. Qui impari a sbucciare i fichi d'india a 6 anni e subito dopo impari pure che devi accettare quello che il cielo ti regala, senza romperti la testa perché, si sa, domani andrà meglio. Lì quegli onorevoli cornuti si ricorderanno anche di noi e alle prossime elezioni - è cosa sicurissima - sale pure un mio cugino di quarto grado - è cosa arci-sicurissima - mi sistemo pure io. Te lo dicono e ci credono con la puzza di gerani che ci tiene compagnia e scaccia, dicono, gli 'scavagghi'.
Cammina il ragazzo e pensa: "Sono venuti gli arabi e i normanni, gli svevi e gli aragonesi, i tedeschi e gli americani e siamo ancora qui a ricordare quanto ci piace questa terra dove nessuno compra i limoni e il sale. Basta poco, anche qualche caddozzo di sasizza alla Festa dell'unità e qualche litro di vino per ritrovare quella bella sensazione dei tuoi sette anni. Sì, quando giri un secchiello di sabbia bagnata e diventi re e imperatore di una terra che vedi solo tu".

That's Sicily - con i dubbi arancioni in testa


Prima delle benefica arrifriscata nessuno s'arrischia a mettere fuori l'alluce, solo lui che si fa portare a passeggio dalla sua cagnolona, gli scolano i sudori, le ascelle piangono come un autobus di donne alla prima di My Life ma lui continua, passo dopo passo con i bermuda inzuppati e i sandali appiccicosi. L'asfalto alita e all'orizzonte le auto vibrano nell'aria del pomeriggio, le case sono chiuse a tenuta stagna, non deve uscire nemmeno un pò dell'aria scoreggiata dai condizionatori.
Era Camus che scriveva che basta poco per conoscere una città: "cercare come vi si lavora, come vi si ama e come vi si muore". A Bagheria le cose sono ancora più facili, si fa tutto allo stesso modo: con calma, senza premura. Si sa già che il ponte se lo terranno tra i progetti da snocciolare a ogni campagna elettorale, va così dai tempi di Federico II, quello sì che aveva capito tutto della Sicilia. La Scuola Siciliana era il migliore contributo che le tre punte dell'isola potessero regalare al mondo, dateci sole, mare e spunti per continuare a poetare.
Continua a camminare il sudante, attaccato al guinzaglio, ripensa a quanto è bella Palermo la sera, tra i binari arrugginiti ad aspettare il treno che è ancora, per fortuna, lontano.
Fischietta qualche canzone ripescata dall'archivio mentale, gli piace pensare ai suoi neuroni come altrettanti ciclisti del tour di france e del Giro d'Italia che pedalano superando montarozzi e tornanti per arrivare a formare pensieri unici.
Le saracinesche sono tutte calate con i cartelli che ricordano che ad agosto si pratica l'orario unico, dalle 9 alle 13, senza eccezioni, restano solo le macchinette dei tabaccai a sputare le assassine bianche e arancioni e dicotomiche. Sì, dicotomiche, con nient'altro si è caduto in contraddizione come con le sigarette: prima hanno fatto diventare patrimonio dell'umanità le sigarette penzolanti di James Dean e di Humphrey Bogart, fumavano tutti i belli dannati d'annata e ora dietrofront. Va bene ma perchè trasformare i pacchetti in necrologi e continuare a gestire il monopolio di Stato? Camminava con 'sti dubbi arancioni in testa, livellando i marciapiedi.
il Corso Principale lo porta sotto i salici di Piazza Garibaldi tra i bagheresi che ricordano degli americani le barrette di cioccolata e le camel, quelle buone, senza filtro in quell'estate del '43. Loro passano così i pomeriggi, seduti sui muretti grigi e sbrecciati delle aiuole comunali. Appoggiano le chiappe sui giornali passati o su pezzi di cartone, i più attrezzati si portano dietro un cuscino infilato in una busta della Sma. Parlano, ridono con in bocca dentiere che finiranno di pagare tra 4 anni. Arriva pure il reduce che si è perso le gambe su una mina inesplosa, non lo ammetterà mai ma inneggia ancora alla Buon'Anima e rimpiange la colonia estiva dove spediva i troppi figli che la moglie continuava a sfornare.
Cammina il ragazzo, cammina dietro il cane attaccato al guinzaglio come se fosse un bambino che tiene la coda di un aquilone, qui si chiamano draghi volanti e si sono estinti, si vedono volare solo quelli dei cinesi nelle mattinate di vento lungo il bagnasciuga del Foro Umberto I nella bella Palermo, nessun bambino se lo costruisce più facendo croci di bambù.
Dicono che prima si passeggiasse sino alle prime ore dell'alba ora già alle 8 e mezza di sera nessuno più si arrischia a scendere in strada, sembra una città fantasma ma è un'impressione falsa come una banconota da tre euro. C'è troppo rispetto per i fantasmi e per le lumie, questo è il vero motivo. I vivi dividono la città con i loro morti e lo fanno con equità, col sole la città è dei cristianeddi che ancora respirano ma appena scende la notte tocca ai defunti passeggiare tra le ville del Settecento che tanto piacquero a Goethe.
Sono morti tutti in una delle tante guerre di Mafia, si sono beccati il loro colpo di livella e ora passeggiano vicino assassini e assassinati, nessun vivo si arrischia a uscire nell'ora dei morti, brucia ancora il ricordo di tutti quei colpi di beretta e quel gesto diventato troppo presto un'abitudine: al primo sparo toccava alla madre calare piano piano la serranda, accostare le tende e alzare il volume della radio e del televisore.
Cammina ancora il ragazzo, si passa un kleenex sulla fronte e pensa con quanta facilità si cambi bandiera sotto il sole di Sicilia, sì, si ci abitua a tutto qui, si cambia presto l'adesivo sull'auto a tempo d'elezioni come nell'URSS si ci spicciava a sostituire le facce sui muri a seconda delle decisioni del Politburo.
Passeggia il ragazzo, passeggia sulla voglia di lavoro, sui posteggiatori abusivi che giurano che t'hanno taliato e ritaliato la macchina come se fosse "cosa loro".
I cani ci somigliano: dormono e mangiano senza pensare alla maledetta e amatissima Sicilia. Qui impari a sbucciare i fichi d'india a 6 anni e subito dopo impari pure che devi accettare quello che il cielo ti regala, senza romperti la testa perché, si sa, domani andrà meglio. Lì quegli onorevoli cornuti si ricorderanno anche di noi e alle prossime elezioni - è cosa sicurissima - sale pure un mio cugino di quarto grado - è cosa arci-sicurissima - mi sistemo pure io. Te lo dicono e ci credono con la puzza di gerani che ci tiene compagnia e scaccia, dicono, gli 'scavagghi'.
Cammina il ragazzo e pensa: "Sono venuti gli arabi e i normanni, gli svevi e gli aragonesi, i tedeschi e gli americani e siamo ancora qui a ricordare quanto ci piace questa terra dove nessuno compra i limoni e il sale. Basta poco, anche qualche caddozzo di sasizza alla Festa dell'unità e qualche litro di vino per ritrovare quella bella sensazione dei tuoi sette anni. Sì, quando giri un secchiello di sabbia bagnata e diventi re e imperatore di una terra che vedi solo tu".

sabato 23 agosto 2003

 


Con un thè e granita là, dove il mare sputa rabbia e alghe e rancori sui frangiflutti.


Ho davanti la faccia del mio compagno di banco, con lui ho diviso tutte le ore del liceo ed eccoci qui, tre anni dopo quel fatidico 2000 a succhiare la cannuccia del thè che ogni due sorsate la granita l'attuppa.
Si sentono questi anni sulle spalle, li vedi dietro gli occhiali da sole e nei discorsi vaginocentrici sempre più delicati, non si decantano più le magiche virtù del capezzolo a spadotto, ogni storia che abbiamo vissuto ce la portiamo dietro, in una nuova ruga sulla fronte.


Con i vecchi amici non importa la frequenza delle visite, ci vediamo quasi ogni sei mesi o anche più raramente ma sembra che abbiamo fumato l'ultima sigaretta nel bagno del liceo appena due minuti prima e non  te ne frega niente se non costruisci nulla in quelle tre ore e in quei tre thè e due birre e noccioline che sanno di stantio.


è tutto un flusso di coscienza che vomiti in faccia all'amicizia, voli nei ricordi che galoppano, svolazzi di argomento in argomento. Parli dell'ultima storia finita come sempre tra urli e minacce e riconciliazioni che fanno ancora più male, parli delle falle di Windows e delle potenzialità di Linus ma, caspio (non dice così FRY sotto lo scafandro antigravitazionale di Futurama?), perchè il programma di videoscrittura del Pinguino usa gli stessi Kernel di Word? E sì che è sempre quello il problema: scrivi in word con formattazione adeguata: grassetti, corsivi e belli quanto inutili orpelli, fai taglia-incolla e in Front page tutto va a puttane, tutti quegli inutili tag che appesantiscono solo la pagina.doc e allora devi fare l'unica cosa accettabile, taglia e incolla nel bianco del NOte Pad e così tutto si sistema ma poi devi aggiungere manualmente i tag. Dico, Bill, guadagni miliardi su miliardi, ogni PC ciuccia da te e ci ripaghi così? Con 'ste brecce di Porta Pia per i virus e errori che anche il più sfigato informatico potrebbe correggere in mezzo pomeriggio?


E poi si passa a parlare di come stanno gli "altri", li hai sentiti?
Io no e tu?
Ma che ce ne frega, ogni classe sfuma in una miriade di sottoinsiemi sino ai famosi "gruppetti", vero cancro di ogni fottuto Ordine del Giorno di ogni sacrosanta Assemblea di Classe. Io stavo con quelli della Milicia e con quelli di Villabate, gli altri erano comparse, di molti manco so ricordarmi la faccia. Qualcuno si è addirittura già sposato perchè la Cicogna ha avuto troppa fretta di nidificare sul suo comignolo.
Va così: THAT'S SICILY!


Oh, cribbio, mi è scivolato un punto esclamativo, la peste nera di noi blogger, almeno a quanto scrivono sull'ultimo, ottimo (?) articolo del corriere . Perché tanto odio nei confronti dei punti esclamativi e dei tre puntini di sospensione?
A dirla tutta fanno solo il loro sporco lavoro, tengono compagnia alle consonanti e alle vocali che ci scivolano sulle tastiere.
'!' mi sta simpatico, lui lungo lungo con la schiena dritta a puntare il cielo e quel puntino di sotto, mi ha fatto sempre pensare ad una stecca da biliardo nell'atto di puntare il boccino, a una pulce con un bastone in mano da spaccare in testa a quelli della Frontline, a un vecchio russo che russa sotto un colbacco fuori misura e a Damocle con la spada sospesa sulla testa.
E '...'? Altrettanti vuoti di pensiero, omissis, falle narrative? No, niente di tutto questo, sono le celeberrime tre scimmiette che continuano a NON VEDERE, NON SENTIRE E NON PARLARE, sì, sono loro viste attraverso un cannocchiale capovolto, o loro o Qui Quo Qua o i tre moschettieri prima dell'arrivo del pizzetto di D'Artagnan o i tre Porcellini senza il lupo o tre poveracci che non fanno male a nessuno o Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno o la tesi, l'antitesi e la sintesi appoggiate sull'addome di tre formiche.


Mi stufano 'sti scribacchini col moccio al naso, non hanno niente da fare che sciupare parole e parole su discorsi da caffè (anzi, meglio, "riscussi 'ì cafè")? I giovani leggono Harry Potter ed ecco: i tuttologi che indagano e tranciano e spellano il maghetto di Hogwarts per capire l'origine della potter-mania (non è che al fondo c'è un pò d'invidia per i milioni di copie vendute?).
Idem con i blog e stavolta ancora peggio, gli autori autorevoli ed autorizzati ci sgridano per questo cattivo uso della scrittura, questa tigre stuzzicata trasformata in un gattino che miagola annotando quello che qualche blogger fa prima di andarsi a sedere sulla tazza del cesso. Ma dov'è finita la libertà di scrivere e pensare quello che ci regalano i neuroni (nei limiti conosciuti: la mia libertà finisce dove inizia quella tua e viceversa, versa Vicè! [giaculatoria rivolta a Vincenzo per suggerirgli di riempirmi  nuovamente il boccale che la sete impazza])?


"Tonì, sei pesante. Ti stai due minuti zitto?"
E ditemi, miei Sei Fedeli Lettori, che potevo rispondere a Calogero che mi stava davanti dopo aver 'monologato' per un'ora buona? L'unica cosa possibile: "...!"


Con buona pace del Corriere.

 


Con un thè e granita là, dove il mare sputa rabbia e alghe e rancori sui frangiflutti.


Ho davanti la faccia del mio compagno di banco, con lui ho diviso tutte le ore del liceo ed eccoci qui, tre anni dopo quel fatidico 2000 a succhiare la cannuccia del thè che ogni due sorsate la granita l'attuppa.
Si sentono questi anni sulle spalle, li vedi dietro gli occhiali da sole e nei discorsi vaginocentrici sempre più delicati, non si decantano più le magiche virtù del capezzolo a spadotto, ogni storia che abbiamo vissuto ce la portiamo dietro, in una nuova ruga sulla fronte.


Con i vecchi amici non importa la frequenza delle visite, ci vediamo quasi ogni sei mesi o anche più raramente ma sembra che abbiamo fumato l'ultima sigaretta nel bagno del liceo appena due minuti prima e non  te ne frega niente se non costruisci nulla in quelle tre ore e in quei tre thè e due birre e noccioline che sanno di stantio.


è tutto un flusso di coscienza che vomiti in faccia all'amicizia, voli nei ricordi che galoppano, svolazzi di argomento in argomento. Parli dell'ultima storia finita come sempre tra urli e minacce e riconciliazioni che fanno ancora più male, parli delle falle di Windows e delle potenzialità di Linus ma, caspio (non dice così FRY sotto lo scafandro antigravitazionale di Futurama?), perchè il programma di videoscrittura del Pinguino usa gli stessi Kernel di Word? E sì che è sempre quello il problema: scrivi in word con formattazione adeguata: grassetti, corsivi e belli quanto inutili orpelli, fai taglia-incolla e in Front page tutto va a puttane, tutti quegli inutili tag che appesantiscono solo la pagina.doc e allora devi fare l'unica cosa accettabile, taglia e incolla nel bianco del NOte Pad e così tutto si sistema ma poi devi aggiungere manualmente i tag. Dico, Bill, guadagni miliardi su miliardi, ogni PC ciuccia da te e ci ripaghi così? Con 'ste brecce di Porta Pia per i virus e errori che anche il più sfigato informatico potrebbe correggere in mezzo pomeriggio?


E poi si passa a parlare di come stanno gli "altri", li hai sentiti?
Io no e tu?
Ma che ce ne frega, ogni classe sfuma in una miriade di sottoinsiemi sino ai famosi "gruppetti", vero cancro di ogni fottuto Ordine del Giorno di ogni sacrosanta Assemblea di Classe. Io stavo con quelli della Milicia e con quelli di Villabate, gli altri erano comparse, di molti manco so ricordarmi la faccia. Qualcuno si è addirittura già sposato perchè la Cicogna ha avuto troppa fretta di nidificare sul suo comignolo.
Va così: THAT'S SICILY!


Oh, cribbio, mi è scivolato un punto esclamativo, la peste nera di noi blogger, almeno a quanto scrivono sull'ultimo, ottimo (?) articolo del corriere . Perché tanto odio nei confronti dei punti esclamativi e dei tre puntini di sospensione?
A dirla tutta fanno solo il loro sporco lavoro, tengono compagnia alle consonanti e alle vocali che ci scivolano sulle tastiere.
'!' mi sta simpatico, lui lungo lungo con la schiena dritta a puntare il cielo e quel puntino di sotto, mi ha fatto sempre pensare ad una stecca da biliardo nell'atto di puntare il boccino, a una pulce con un bastone in mano da spaccare in testa a quelli della Frontline, a un vecchio russo che russa sotto un colbacco fuori misura e a Damocle con la spada sospesa sulla testa.
E '...'? Altrettanti vuoti di pensiero, omissis, falle narrative? No, niente di tutto questo, sono le celeberrime tre scimmiette che continuano a NON VEDERE, NON SENTIRE E NON PARLARE, sì, sono loro viste attraverso un cannocchiale capovolto, o loro o Qui Quo Qua o i tre moschettieri prima dell'arrivo del pizzetto di D'Artagnan o i tre Porcellini senza il lupo o tre poveracci che non fanno male a nessuno o Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno o la tesi, l'antitesi e la sintesi appoggiate sull'addome di tre formiche.


Mi stufano 'sti scribacchini col moccio al naso, non hanno niente da fare che sciupare parole e parole su discorsi da caffè (anzi, meglio, "riscussi 'ì cafè")? I giovani leggono Harry Potter ed ecco: i tuttologi che indagano e tranciano e spellano il maghetto di Hogwarts per capire l'origine della potter-mania (non è che al fondo c'è un pò d'invidia per i milioni di copie vendute?).
Idem con i blog e stavolta ancora peggio, gli autori autorevoli ed autorizzati ci sgridano per questo cattivo uso della scrittura, questa tigre stuzzicata trasformata in un gattino che miagola annotando quello che qualche blogger fa prima di andarsi a sedere sulla tazza del cesso. Ma dov'è finita la libertà di scrivere e pensare quello che ci regalano i neuroni (nei limiti conosciuti: la mia libertà finisce dove inizia quella tua e viceversa, versa Vicè! [giaculatoria rivolta a Vincenzo per suggerirgli di riempirmi  nuovamente il boccale che la sete impazza])?


"Tonì, sei pesante. Ti stai due minuti zitto?"
E ditemi, miei Sei Fedeli Lettori, che potevo rispondere a Calogero che mi stava davanti dopo aver 'monologato' per un'ora buona? L'unica cosa possibile: "...!"


Con buona pace del Corriere.

giovedì 21 agosto 2003

Aspetto. Te, la Morte e Godot


Prima che bruci Parigi, amore,
sbucciami questa pelle marcia e scotta,
calpestami le viscere,
bruciami ogni pelo e queste trecento ossa.
Lasciami l'anima sola e
pesami il cuore.
Sono qui: sì,
ci sono, ti penso e ti voglio e
aspetto che la Bellezza salvi anche me.
Ricordi: ci sfregavamo le costole
per essere ancora più nudi.
Specchiati nelle notti di Praga,
grida alla luna bastarda che mi ami e
leccami il cuore,
mordimi lo sterno e strappiamoci gli occhi.
Grida, grida,fatti sentire
dalle nostre scarpe che ci aspettano
ai piedi del letto. No, non ci
sono ombrelli per te, stasera piove in quadricromia:
la notte è morta. e tu con lei.


(LoSpaventapasseriEL'uomoDiLattaCercanoUnCervelloEunCuoreDagliImiei.)
10.04 21/08/03


 


 

I Sei Fedeli Lettori e L'Incomunicabilità Relativa


C'è un dubbio che mi porto dietro: perché i commenti ai miei messaggi non hanno mai superato il numero 6? Viaggio nella blogosfera e vedo che ci sono post commentati anche 40 volte, in un primo tempo avevo pensato che dipendesse da quello che scrivo. NO...... ci sono cavolate commentate dalla popolazione che non brillano per particolare sagacia. Vabbè mi contento dei miei 6 Fedeli Lettori per dirla come Steve King.
Ci sono varie ipotesi che mi corrono sotto lo scalpo:
- Scrivo così male che la gente non arriva mai alla fine: bene, per chi si occupa di scrittura creativa è una spinta a limare ancora e ancora e ancora una volta
- manca il fattore XXX ai miei post, sì, questa è una pecca che mi trascino lungo i montarozzi della vita, mi hanno sempre insegnato a non sbandierare ai quattro venti quello che faccio o che dico di fare con le donne, vabbè il rispetto puzza di vecchio ma non ce la faccio a trasformare questo blog in uno spogliatoio da palestra. Ho certi ricordi sugli spogliatoi che mi fanno inorridire solo a pensare di sciupare qualche neurone nel prendere in considerazione l'ipotesi, non parlo dello sindrome da spogliatoio, certo, mica che fa piacere a nessuno ritrovarsi in una stanza piena di cazzi (beh, forse a qualcuno fa piacere...) con ragazzi che parlano solo di quelle che si sono fatte solo col pensiero.


E d'accordo, il fattore XXX non fa per me, quello che succede tra le lenzuola rimane lì e scivola nei ricordi nel breve attimo tra il dormiveglia e il sonno propriamente detto. Certo, rivedere i vecchi amici e sentirmi chiedere come sta il mio cane...
- manca una foto porno, sì, per essere precisi è un corollario del punto precedente ma merita una scheggia riflessiva a parte. Giro e mi rigiro e becco tette.splinder.it un blog stracolmo di tette assurde che mi riempono il monitor con l'ospizio delle balie da latte. Tette a destra e a sinistra che avanzano minacciose. Guardo il counter e capisco, le tette affascinano, si sa.
- forse la soluzione è in un'azzeccata miscela del tutto. Forse la gente ha capito che sti furori non sono poi chissà che...


Metto qui quello che prima appuntavo in qualche foglio di carta della stampante e lo condivido con altrettanti sconosciuti o almeno in apparenza tali, perché leggendovi e leggendoci post dopo post possiamo proprio definirci SCONOSCIUTI? Magari ci confidiamo qui quello che manco spartiamo con gli Amici, questo è il grande male dell'incomunicabilità relativa, non ho soluzioni e mi dispiace. L'incomunicabilità relativa falcia via  potenziali amicizie reali e diventa cronica nel 97% dei casi. A forza di mandare esseemmeesse e-mail e commenti ai post spesso quando uno si trova davanti agli altri fa un pò di fatica ad affrontare l'incognita del contatto sociale vero e proprio. Io vivo sta situazione con i bachecari della bacheca sportiva, gli impegni che ci impediscono di fare un'azione semplice semplice come prendere la macchina e andare a trovare gli amici per un pò di salubre cazzeggio e così ci teniamo in contatto con la bacheca e con i nostri microscopici avatar. Sì, anche se ci rivediamo dopo mesi e mesi ci sembra di continuare discorsi appena appena tranciati ma c'è un pò di iniziale imbarazzo. Ma passa subito.


 E allora continuo a scrivere e voi leggetemi pure in silenzio, miei cari 6 Fedeli Lettori.

Aspetto. Te, la Morte e Godot


Prima che bruci Parigi, amore,
sbucciami questa pelle marcia e scotta,
calpestami le viscere,
bruciami ogni pelo e queste trecento ossa.
Lasciami l'anima sola e
pesami il cuore.
Sono qui: sì,
ci sono, ti penso e ti voglio e
aspetto che la Bellezza salvi anche me.
Ricordi: ci sfregavamo le costole
per essere ancora più nudi.
Specchiati nelle notti di Praga,
grida alla luna bastarda che mi ami e
leccami il cuore,
mordimi lo sterno e strappiamoci gli occhi.
Grida, grida,fatti sentire
dalle nostre scarpe che ci aspettano
ai piedi del letto. No, non ci
sono ombrelli per te, stasera piove in quadricromia:
la notte è morta. e tu con lei.


(LoSpaventapasseriEL'uomoDiLattaCercanoUnCervelloEunCuoreDagliImiei.)
10.04 21/08/03


 


 

I Sei Fedeli Lettori e L'Incomunicabilità Relativa


C'è un dubbio che mi porto dietro: perché i commenti ai miei messaggi non hanno mai superato il numero 6? Viaggio nella blogosfera e vedo che ci sono post commentati anche 40 volte, in un primo tempo avevo pensato che dipendesse da quello che scrivo. NO...... ci sono cavolate commentate dalla popolazione che non brillano per particolare sagacia. Vabbè mi contento dei miei 6 Fedeli Lettori per dirla come Steve King.
Ci sono varie ipotesi che mi corrono sotto lo scalpo:
- Scrivo così male che la gente non arriva mai alla fine: bene, per chi si occupa di scrittura creativa è una spinta a limare ancora e ancora e ancora una volta
- manca il fattore XXX ai miei post, sì, questa è una pecca che mi trascino lungo i montarozzi della vita, mi hanno sempre insegnato a non sbandierare ai quattro venti quello che faccio o che dico di fare con le donne, vabbè il rispetto puzza di vecchio ma non ce la faccio a trasformare questo blog in uno spogliatoio da palestra. Ho certi ricordi sugli spogliatoi che mi fanno inorridire solo a pensare di sciupare qualche neurone nel prendere in considerazione l'ipotesi, non parlo dello sindrome da spogliatoio, certo, mica che fa piacere a nessuno ritrovarsi in una stanza piena di cazzi (beh, forse a qualcuno fa piacere...) con ragazzi che parlano solo di quelle che si sono fatte solo col pensiero.


E d'accordo, il fattore XXX non fa per me, quello che succede tra le lenzuola rimane lì e scivola nei ricordi nel breve attimo tra il dormiveglia e il sonno propriamente detto. Certo, rivedere i vecchi amici e sentirmi chiedere come sta il mio cane...
- manca una foto porno, sì, per essere precisi è un corollario del punto precedente ma merita una scheggia riflessiva a parte. Giro e mi rigiro e becco tette.splinder.it un blog stracolmo di tette assurde che mi riempono il monitor con l'ospizio delle balie da latte. Tette a destra e a sinistra che avanzano minacciose. Guardo il counter e capisco, le tette affascinano, si sa.
- forse la soluzione è in un'azzeccata miscela del tutto. Forse la gente ha capito che sti furori non sono poi chissà che...


Metto qui quello che prima appuntavo in qualche foglio di carta della stampante e lo condivido con altrettanti sconosciuti o almeno in apparenza tali, perché leggendovi e leggendoci post dopo post possiamo proprio definirci SCONOSCIUTI? Magari ci confidiamo qui quello che manco spartiamo con gli Amici, questo è il grande male dell'incomunicabilità relativa, non ho soluzioni e mi dispiace. L'incomunicabilità relativa falcia via  potenziali amicizie reali e diventa cronica nel 97% dei casi. A forza di mandare esseemmeesse e-mail e commenti ai post spesso quando uno si trova davanti agli altri fa un pò di fatica ad affrontare l'incognita del contatto sociale vero e proprio. Io vivo sta situazione con i bachecari della bacheca sportiva, gli impegni che ci impediscono di fare un'azione semplice semplice come prendere la macchina e andare a trovare gli amici per un pò di salubre cazzeggio e così ci teniamo in contatto con la bacheca e con i nostri microscopici avatar. Sì, anche se ci rivediamo dopo mesi e mesi ci sembra di continuare discorsi appena appena tranciati ma c'è un pò di iniziale imbarazzo. Ma passa subito.


 E allora continuo a scrivere e voi leggetemi pure in silenzio, miei cari 6 Fedeli Lettori.

martedì 19 agosto 2003

10000 volte grazie


E anche questo BLog ha superato le diecimila visite. Grazie a tutte e a tutti, non ho fatto in tempo a lanciare la trita e nitrita prova fotografica dello stamp della tastiera ma chissenefrega. Oggi pensavo di dare un taglio nuovo al blog, magai con qualche "conigliata" ma non fa per me. Vanno così questi dicotomici furori, piccoli vortici che frizzano dalla testa alla tastiera.


Grazie ancora.


Ah, dimenticavo ci sono gli arretrati della mia rivista : il numero uno, il numero due e il numero tre. Tutti per voi. 90 Kb e trenta pagine stampabili. Gustateveli.


Tonino "dicotomico" Pintacuda

10000 volte grazie


E anche questo BLog ha superato le diecimila visite. Grazie a tutte e a tutti, non ho fatto in tempo a lanciare la trita e nitrita prova fotografica dello stamp della tastiera ma chissenefrega. Oggi pensavo di dare un taglio nuovo al blog, magai con qualche "conigliata" ma non fa per me. Vanno così questi dicotomici furori, piccoli vortici che frizzano dalla testa alla tastiera.


Grazie ancora.


Ah, dimenticavo ci sono gli arretrati della mia rivista : il numero uno, il numero due e il numero tre. Tutti per voi. 90 Kb e trenta pagine stampabili. Gustateveli.


Tonino "dicotomico" Pintacuda

domenica 17 agosto 2003

Who wants to live forever


There's no time for us
There's no place for us
What is this thing that builds our dreams yet slips away from us


Who wants to live forever
Who wants to live forever....?


There's no chance for us
It's all decided for us
This world has only one sweet moment set aside for us


Who wants to live forever
Who wants to live forever?


Who dares to love forever?
When love must die


But touch my tears with your lips
Touch my world with your fingertips
And we can have forever
And we can love forever
Forever is our today
Who wants to live forever
Who wants to live forever?
Forever is our today


Who waits forever anyway?

Who wants to live forever


There's no time for us
There's no place for us
What is this thing that builds our dreams yet slips away from us


Who wants to live forever
Who wants to live forever....?


There's no chance for us
It's all decided for us
This world has only one sweet moment set aside for us


Who wants to live forever
Who wants to live forever?


Who dares to love forever?
When love must die


But touch my tears with your lips
Touch my world with your fingertips
And we can have forever
And we can love forever
Forever is our today
Who wants to live forever
Who wants to live forever?
Forever is our today


Who waits forever anyway?

giovedì 14 agosto 2003

L'Idiota e la cazzuola di mare 


Lì, al confine della strada, c'è il mare. Il mare che non dimentica, il mare figlio del Caos.
[La mia mano e la tua si toccano e sono toccate nello stesso istante.]


Il mare stamattina mi ha lasciato sulla spiaggia una cazzuola arrugginita. L'ho stretta tra le mani e ho rivisto Atlantide affogare piano piano.
Sono ritornato sulla veranda per scrostare le alghe e le patelle che s'erano depositate sul becco della cazzuola. Ho lavorato per una buona mezz'ora: poi l'ho scagliata lontano e l'ho rivista affondare.
Non aveva ancora finito il suo viaggio.


 
Mi sono seduto sull'ondina a strisce gialle e bianche con in mano L'Idiota di Dostoevskij, ho alzato le gambe e dopo due o tre pagine dormivo di già. Il Grande Russo è soporifero nelle giornate di mezz'estate.
Scivolavo veloce come un bolide del Quidditch, bucavo le nuvole. Ero sul treno per Pietroburgo e aspettavo che la Bellezza salvasse anche me e poi è arrivata mia madre con un vassoio di dolcetti al cocco, li offriva ai viaggiatori abbinandoli a larghi sorrisi. Li cucinava anche la notte che mi sono messo con la ragazza che mi faceva girare la testa al Liceo. Ci sono notti che non finiscono mai, restano sfavillanti, sovraccariche di emozioniodoricolorisuonipalpiti... Sì, cucinava torte e dolcetti per una fiera di beneficenza dell'oratorio. E appallottolava palline di farina di cocco prima di adagiarle leggermente su cerchietti di carta verde e bianca. Ricordo pure le scarpe che portavo, erano con la punta arrotondata, di vernice nera, le prima scarpe da adulto dopo secoli di scarpe da ginnastica. E avevo le spalle pesanti della mia prima giacca di pelle e sul naso il mio primo paio d'occhiali.
La dichiarazione l'avevo fatta camminando sulla strada del cimitero, la pancia calda di un panino preso in pizzeria e lei davanti a me con due occhi di cielo che mi guardavano fissi in faccia.


Il treno riprende la sua corsa, scompaiono le palline di cocco e gli occhi di cielo, resto io nella pancia vuota del vagone con la mia faccia da hobbit che fa capolino su una scheggia di specchio. Ci sono ancora tutte le donne che ho amato e che amerò. Li vedo intrappolate lì, sotto le palpebre, nel millesimo di secondo in cui si chiudono. Sono lì tutti gli attimi perduti, le notti sui tasti della Lettera 22, i libri amati, c'è 'Silvia lo sai che Luca si buca ancora', c'è 'la descrizione di un attimo e le convinzioni che cambiano' e tutte le altre canzoni urlate curva dopo curva in quelle notti che l'autogrill è ancora lontano, con i lampioni che scacciano le luci delle stelle lontane.


Ci sono le bombette di Totò e di Kafka che si guardano perplessi e i fari di una vecchia R4 che si allontana, ritorna nel garage dei rimorsi e dei rimpianti. E poi ci sono quelle storie iniziate e mai finite, tutti quei personaggi che restano sospesi in attesa del sequel che mai arriverà. Resta l'idea di quegli scolapasta dei pensieri: un pennino di stilografica sta per poggiarsi sul foglio troppo bianco. Ecco: la prima linea è tracciata.


Resto lì, con l'Idiota a pagina 27 a pensare ai viaggi di una cazzuola di mare.

Scrivere con la cazzuola


Sto aspettando mio zio sul sedile della sua Focus. Sono il nipote del Principale e in cantiere assaporo un pizzico di autorità sui mastri, sui mezzi mastri e sulle mezze cazzuole.


Mi piace passare le estati in cantiere, si imparano un sacco di cose per scrivere meglio. Non c'è differenza tra una calderella di cemento e una pagina di romanzo. Nessuna. Devi amalgamare i componenti con la stessa attenzione.


Se a Mastro Enzo serve una calderella di quacina e cemento per alzare un muro, devo stare attento a non sbagliare le proporzioni. Otterrei un composto o troppo molle o troppo duro, nel primo caso il mio mastro non potrebbe far volare la quacina nel solco tra i balatoni con la sua consueta maestria, nel secondo caso non avremmo il tempo di finire una filata di balatoni: la quacina si asciugherebbe nella calderella.


Ditemi se non è lo stesso con ogni dannata pagina che devo scrivere: devo dare al lettore un margine di libertà e azzeccare la densità della storia. Una storia troppo liquida non conquista e non fa volare i neuroni del lettore al di là dello steccato delle quotidiane preoccupazioni. Una storia troppo secca resta tra le pagina-calderella senza andare a piazzarsi in testa al lettore.


In cantiere si apprende pure la sintesi, altro che esseemmeesse: gli oggetti perdono vocali e consonanti superflue per ghiacciarsi in nomi essenziali. Non si sciupa niente, nemmeno il fiato: gli attrezzi devono essere chiamati con nomi brevi e efficaci: passami la mancina, dov'è finita Luisa? ...che poi sarebbe la personalissima tenaglia di Mastro Enzo, l'ha chiamata così in ricordo di una sua fiamma che durante i ripetuti stantuffamenti lo artigliava a se, una volta stava quasi per strapparglielo di netto (di sicuro deve averlo visto in qualche 007). I muratori sono delle persone religiosissime ed educate ma in cantiere si deve sparare a zero sul sesso. È un imperativo.
Le minchiate lievitano quadruplicando il loro volume: una mezza-cazzuola la  sera prima ha conosciuto una turista, magari le ha offerto appena appena una coca cola balbettando per una vasata leggia leggia; in cantiere quella coca cola diventa una bottigliazza di champagne formato finale di F1, le tette della turista diventano un ideale estetico inarrivabile e i capezzoli si avvicinano al coefficiente attrattivo del mitico e introvabile 'spadotto', capace di bucare le coppe di qualsiasi reggitetette rinforzato. Lo champagne diventa solo l'inizio e una pomiciata diventa una sessione agonistica di campionati internazionali di Kamasutra.
E così grazie al cantiere l'iperbole non ha più trucchi, cresce più della schiuma di polistirolo espanso.


Tinteggiare una parete è un'altra operazione utilissima per scrivere: si deve preparare la vernice calcolando la superficie e miscelare il colore per ottenere una tonalità né troppo scialba, né troppo carica. Stessa cosa con i capitoli dei romanzi...
E mica che puoi subito metterti un pennello (o una penna) in mano, devi preparare la stanza attuppando le lesioni del muro (le falle narrative), coprendo il battiscopa per poi evitare di rimetterci le ginocchia a forza di stricare per cancellare gli sbavi di vernice (stessa economia di forze se nella fase preparatoria di un racconto tagliamo il 90% degli inutili orpelli che poi si cicatrizzano e ci vogliono anni a scacciarli), poi arriva il momento e devi scegliere lo strumento: c'è chi vola con un rullo e c'è chi si trova meglio con pennello e una pennellessa, dipende dalla superficie e dalla storia che vuoi narrare. La prima mano consente qualche cazzata ma la seconda richiede mano ferma e occhio allenato, proprio come la ri-scrittura.


Bene, mio zio è arrivato, si siede sul sedile della Focus e subito si alza un nugolo di letale pruvolazzo dai suoi vestiti, quelli sono gli aggettivi e gli avverbi da denuclearizzare. Ho visto gente quasi soffocata dal pruvolazzo che si alza mentre si abbatte un muro e altrettante volte ho rischiato di boccheggiare in pagine piene di inutili aggettivi, odio quelli col suffisso -mente...


Vado, è il momento di pulire gli attrezzi per iniziare una nuova storia.


(ho veramente passato tutte le estati della mia adolescenza a fare il 'picciotto' nei cantieri di mio zio. Ho imparato un fusto di cose.)


____________________


Per i non siculofoni:


pruvolazzo = è la trascrizione italo-sicula per polverone
quacina = calcina
attuppare = tappare, turare
balatoni = mattoni di spessore superiore agli 8 cm
stricare = strisciare con forza, anche nel significato di pulire mediante strofinamento. Si strica la macchina su un muretto e si strica la pentola per togliere i resti di cibo.
Vasata leggia leggia = bacio delicato
Mezza cazzuola = grado intermedio tra picciotto (aiutante) e mezzo-mastro, abile nel maneggiare la cazzuola ma senza la necessaria creatività, messo davanti a una difficoltà tende a scaricare le responsabilità sul picciotto affibbiatogli, il vero mastro si vede nelle difficoltà.

L'Idiota e la cazzuola di mare 


Lì, al confine della strada, c'è il mare. Il mare che non dimentica, il mare figlio del Caos.
[La mia mano e la tua si toccano e sono toccate nello stesso istante.]


Il mare stamattina mi ha lasciato sulla spiaggia una cazzuola arrugginita. L'ho stretta tra le mani e ho rivisto Atlantide affogare piano piano.
Sono ritornato sulla veranda per scrostare le alghe e le patelle che s'erano depositate sul becco della cazzuola. Ho lavorato per una buona mezz'ora: poi l'ho scagliata lontano e l'ho rivista affondare.
Non aveva ancora finito il suo viaggio.


 
Mi sono seduto sull'ondina a strisce gialle e bianche con in mano L'Idiota di Dostoevskij, ho alzato le gambe e dopo due o tre pagine dormivo di già. Il Grande Russo è soporifero nelle giornate di mezz'estate.
Scivolavo veloce come un bolide del Quidditch, bucavo le nuvole. Ero sul treno per Pietroburgo e aspettavo che la Bellezza salvasse anche me e poi è arrivata mia madre con un vassoio di dolcetti al cocco, li offriva ai viaggiatori abbinandoli a larghi sorrisi. Li cucinava anche la notte che mi sono messo con la ragazza che mi faceva girare la testa al Liceo. Ci sono notti che non finiscono mai, restano sfavillanti, sovraccariche di emozioniodoricolorisuonipalpiti... Sì, cucinava torte e dolcetti per una fiera di beneficenza dell'oratorio. E appallottolava palline di farina di cocco prima di adagiarle leggermente su cerchietti di carta verde e bianca. Ricordo pure le scarpe che portavo, erano con la punta arrotondata, di vernice nera, le prima scarpe da adulto dopo secoli di scarpe da ginnastica. E avevo le spalle pesanti della mia prima giacca di pelle e sul naso il mio primo paio d'occhiali.
La dichiarazione l'avevo fatta camminando sulla strada del cimitero, la pancia calda di un panino preso in pizzeria e lei davanti a me con due occhi di cielo che mi guardavano fissi in faccia.


Il treno riprende la sua corsa, scompaiono le palline di cocco e gli occhi di cielo, resto io nella pancia vuota del vagone con la mia faccia da hobbit che fa capolino su una scheggia di specchio. Ci sono ancora tutte le donne che ho amato e che amerò. Li vedo intrappolate lì, sotto le palpebre, nel millesimo di secondo in cui si chiudono. Sono lì tutti gli attimi perduti, le notti sui tasti della Lettera 22, i libri amati, c'è 'Silvia lo sai che Luca si buca ancora', c'è 'la descrizione di un attimo e le convinzioni che cambiano' e tutte le altre canzoni urlate curva dopo curva in quelle notti che l'autogrill è ancora lontano, con i lampioni che scacciano le luci delle stelle lontane.


Ci sono le bombette di Totò e di Kafka che si guardano perplessi e i fari di una vecchia R4 che si allontana, ritorna nel garage dei rimorsi e dei rimpianti. E poi ci sono quelle storie iniziate e mai finite, tutti quei personaggi che restano sospesi in attesa del sequel che mai arriverà. Resta l'idea di quegli scolapasta dei pensieri: un pennino di stilografica sta per poggiarsi sul foglio troppo bianco. Ecco: la prima linea è tracciata.


Resto lì, con l'Idiota a pagina 27 a pensare ai viaggi di una cazzuola di mare.

Scrivere con la cazzuola


Sto aspettando mio zio sul sedile della sua Focus. Sono il nipote del Principale e in cantiere assaporo un pizzico di autorità sui mastri, sui mezzi mastri e sulle mezze cazzuole.


Mi piace passare le estati in cantiere, si imparano un sacco di cose per scrivere meglio. Non c'è differenza tra una calderella di cemento e una pagina di romanzo. Nessuna. Devi amalgamare i componenti con la stessa attenzione.


Se a Mastro Enzo serve una calderella di quacina e cemento per alzare un muro, devo stare attento a non sbagliare le proporzioni. Otterrei un composto o troppo molle o troppo duro, nel primo caso il mio mastro non potrebbe far volare la quacina nel solco tra i balatoni con la sua consueta maestria, nel secondo caso non avremmo il tempo di finire una filata di balatoni: la quacina si asciugherebbe nella calderella.


Ditemi se non è lo stesso con ogni dannata pagina che devo scrivere: devo dare al lettore un margine di libertà e azzeccare la densità della storia. Una storia troppo liquida non conquista e non fa volare i neuroni del lettore al di là dello steccato delle quotidiane preoccupazioni. Una storia troppo secca resta tra le pagina-calderella senza andare a piazzarsi in testa al lettore.


In cantiere si apprende pure la sintesi, altro che esseemmeesse: gli oggetti perdono vocali e consonanti superflue per ghiacciarsi in nomi essenziali. Non si sciupa niente, nemmeno il fiato: gli attrezzi devono essere chiamati con nomi brevi e efficaci: passami la mancina, dov'è finita Luisa? ...che poi sarebbe la personalissima tenaglia di Mastro Enzo, l'ha chiamata così in ricordo di una sua fiamma che durante i ripetuti stantuffamenti lo artigliava a se, una volta stava quasi per strapparglielo di netto (di sicuro deve averlo visto in qualche 007). I muratori sono delle persone religiosissime ed educate ma in cantiere si deve sparare a zero sul sesso. È un imperativo.
Le minchiate lievitano quadruplicando il loro volume: una mezza-cazzuola la  sera prima ha conosciuto una turista, magari le ha offerto appena appena una coca cola balbettando per una vasata leggia leggia; in cantiere quella coca cola diventa una bottigliazza di champagne formato finale di F1, le tette della turista diventano un ideale estetico inarrivabile e i capezzoli si avvicinano al coefficiente attrattivo del mitico e introvabile 'spadotto', capace di bucare le coppe di qualsiasi reggitetette rinforzato. Lo champagne diventa solo l'inizio e una pomiciata diventa una sessione agonistica di campionati internazionali di Kamasutra.
E così grazie al cantiere l'iperbole non ha più trucchi, cresce più della schiuma di polistirolo espanso.


Tinteggiare una parete è un'altra operazione utilissima per scrivere: si deve preparare la vernice calcolando la superficie e miscelare il colore per ottenere una tonalità né troppo scialba, né troppo carica. Stessa cosa con i capitoli dei romanzi...
E mica che puoi subito metterti un pennello (o una penna) in mano, devi preparare la stanza attuppando le lesioni del muro (le falle narrative), coprendo il battiscopa per poi evitare di rimetterci le ginocchia a forza di stricare per cancellare gli sbavi di vernice (stessa economia di forze se nella fase preparatoria di un racconto tagliamo il 90% degli inutili orpelli che poi si cicatrizzano e ci vogliono anni a scacciarli), poi arriva il momento e devi scegliere lo strumento: c'è chi vola con un rullo e c'è chi si trova meglio con pennello e una pennellessa, dipende dalla superficie e dalla storia che vuoi narrare. La prima mano consente qualche cazzata ma la seconda richiede mano ferma e occhio allenato, proprio come la ri-scrittura.


Bene, mio zio è arrivato, si siede sul sedile della Focus e subito si alza un nugolo di letale pruvolazzo dai suoi vestiti, quelli sono gli aggettivi e gli avverbi da denuclearizzare. Ho visto gente quasi soffocata dal pruvolazzo che si alza mentre si abbatte un muro e altrettante volte ho rischiato di boccheggiare in pagine piene di inutili aggettivi, odio quelli col suffisso -mente...


Vado, è il momento di pulire gli attrezzi per iniziare una nuova storia.


(ho veramente passato tutte le estati della mia adolescenza a fare il 'picciotto' nei cantieri di mio zio. Ho imparato un fusto di cose.)


____________________


Per i non siculofoni:


pruvolazzo = è la trascrizione italo-sicula per polverone
quacina = calcina
attuppare = tappare, turare
balatoni = mattoni di spessore superiore agli 8 cm
stricare = strisciare con forza, anche nel significato di pulire mediante strofinamento. Si strica la macchina su un muretto e si strica la pentola per togliere i resti di cibo.
Vasata leggia leggia = bacio delicato
Mezza cazzuola = grado intermedio tra picciotto (aiutante) e mezzo-mastro, abile nel maneggiare la cazzuola ma senza la necessaria creatività, messo davanti a una difficoltà tende a scaricare le responsabilità sul picciotto affibbiatogli, il vero mastro si vede nelle difficoltà.

Ho sorpassato Splinder!


Incredibile! Cercando su MSN la parola WEBLOG (una delle più cliccate del momento), il mio sito viene prima di Splinder! (a proposito è on line il terzo numero : CHe cos'è NORMALE? tra le chicche imperdibili: un racconto introvabile di Richard Matheson e NUOVO BUCO 13 passi nel delirio)


 




  1. Alla scoperta dell'Alto Adige Blog dedicato a chi ama viaggiare e soggiornare nella regione altoatesina. Offre informazioni su locali, attività ricreative, situazione meteo.
    weblog.ospele.com




  2. Dedicato agli amanti siciliani della letteratura, propone articoli e racconti di aspiranti scrittori. Ospita un weblog di discussione con gli utenti.
    www.bombasicilia.net



  3. Piattaforma tecnologica europea per la gestione di weblog. Permette di creare e aggiornare il proprio diario virtuale, anche ai principianti della Rete.
    www.splinder.it

Ho sorpassato Splinder!


Incredibile! Cercando su MSN la parola WEBLOG (una delle più cliccate del momento), il mio sito viene prima di Splinder! (a proposito è on line il terzo numero : CHe cos'è NORMALE? tra le chicche imperdibili: un racconto introvabile di Richard Matheson e NUOVO BUCO 13 passi nel delirio)


 




  1. Alla scoperta dell'Alto Adige Blog dedicato a chi ama viaggiare e soggiornare nella regione altoatesina. Offre informazioni su locali, attività ricreative, situazione meteo.
    weblog.ospele.com




  2. Dedicato agli amanti siciliani della letteratura, propone articoli e racconti di aspiranti scrittori. Ospita un weblog di discussione con gli utenti.
    www.bombasicilia.net



  3. Piattaforma tecnologica europea per la gestione di weblog. Permette di creare e aggiornare il proprio diario virtuale, anche ai principianti della Rete.
    www.splinder.it

martedì 12 agosto 2003

Le notti d'estate non sono fatte per dormire  


Ieri mi sono perso: io, i miei neuroni e tre amici eravamo andati a captare qualche benefica alitata del mare di Cefalù e, sazi di iodio, ci siamo rimessi in viaggio. Ci sentivamo tra le pagine di On the road, beh, mancavano gli assoli jazz, le carrozzerie luccicanti delle Ford con le ruote cerchiate di bianco, mancava pure l'asfalto del sogno americano e Sal Paradiso… ma il resto degli ingredienti l'avevamo in abbondanza.
 Ogni volta che usciamo vogliamo addentare gli spazi bianchi dell'esistenza, lo facciamo lasciando a casa l'orologio, le ics sul calendario e i trattati di Metafisica da ringoiare per Storia della Filosofia Medievale.
 Io rinuncio pure al telefonino, c'è stato un tempo in cui anch'io camminavo con il mio walkie talkie da adulto abbracciando quella finta ubiquità. Poi mi hanno svaligiato la casa e mi hanno tolto il mio giocattolino, era un motorola v2288, l'avevo preso perché era in offerta da Max Living e perché era quello con la radio integrata così potevo seguire le partite dei Mondiali seduto comodamente sul treno per Palermo. Quando ho trovato la mia stanza messa a soqquadro ho subito visto che mancava il cellulare, il caricabatteria e le cuffie per la radio, bene, mi sono detto: un pensiero in meno. Da allora dico sempre: se siamo piume sballonzolate dal vento della sera prima o poi ci rincontreremo senza bisogno di pianificare con duecento esseemmeesse il luogo e il tempo e le altre otto categorie. 
 
E viaggio, lontano dai calendari e dai cronografi senza pensare all'immagine mobile dell'eternità, vago, strafatto di pagine e pagine di romanzi che sono state le asce per il mio mare ghiacciato. E viaggiando capita di perdersi, è la stessa strada che ti porta lontano da casa e ti obbliga a cercarti.
 
 Le quattro di notte e la luce dei lampioni ti lecca gli occhi e ripensi a Homer che guida la sua station wagon rosa per le vie di Springfield, ti chiedi se riuscirai mai a vedere il Palermo in serie A e se il senso dell'Essere lo troverai sotto un sasso scheggiato o attaccato alla corda di un aquilone. Le quattro ti soffiano addosso il fiotto dei ricordi e vuoi solo le ali del poeta toccato dalla divina mania.
 Le quattro e dieci: voglio scrivere il  migliore romanzo del secolo, mi vedo con le dita sul mio alfabeto di plastica a danzare il loro facile tip tap, scrivo e scrivo e finisco nella colonna dei best-sellers, mi sbattono pure tra gli allegati di Vibrisse con Marco Candida che mi legge senza fare manco un'orecchia alle mie pagine.
 
 Le 4 e mezza: la prima sosta all'autogrill è un cornetto caldo e la mia faccia  nello specchio del bagno alla ricerca le frasi incise lì da centinaia e centinaia di vite che si incrociano. Stephen King le colleziona e con un'impennata emulativa tiri fuori il taccuino, scarti i numeri telefonici di dotati in cerca di amici e richiudi il taccuino, in quell'autogrill non è passato nessun poeta alato. 
 
Quasi le cinque: la sensazione è di essere dentro una pellicola di Kiarostami con tutti quei tornanti e le linee spezzate che ti portano al di là dell'orizzonte. E c'è la faccia di Bagheri che ti ricorda il sapore della ciliegia e ci sono i vivi e i morti che ricostruiscono le case terremotate e c'è una tartaruga che cammina adagio adagio verso il meriggio. 
Resta solo l'ultima fetta di notte e poi il sole cancellerà tutti i tuoi pensieri, ci sarà solo una zanzara spalmata sul muro dalla tua infallibile ciabatta contundente. Ci sarà la zanzara e qualche goccia del tuo sangue e tutta una vita di ricordi.
 Manca ancora un minuto, la serranda chiusa ti regala un altro po' di buio, le sue vertebre ti filtrano la timida luce del giorno. Suona di nuovo la radio sveglia. Suona e la grande notte si nasconde nell'unico posto che l'è rimasto: il bordo bianco che separa le vignette dei fumetti. Tra quei millimetri ci sono i movimenti intermedi dell'arte sequenziale.

 E ci sei anche tu.

Le notti d'estate non sono fatte per dormire  


Ieri mi sono perso: io, i miei neuroni e tre amici eravamo andati a captare qualche benefica alitata del mare di Cefalù e, sazi di iodio, ci siamo rimessi in viaggio. Ci sentivamo tra le pagine di On the road, beh, mancavano gli assoli jazz, le carrozzerie luccicanti delle Ford con le ruote cerchiate di bianco, mancava pure l'asfalto del sogno americano e Sal Paradiso… ma il resto degli ingredienti l'avevamo in abbondanza.
 Ogni volta che usciamo vogliamo addentare gli spazi bianchi dell'esistenza, lo facciamo lasciando a casa l'orologio, le ics sul calendario e i trattati di Metafisica da ringoiare per Storia della Filosofia Medievale.
 Io rinuncio pure al telefonino, c'è stato un tempo in cui anch'io camminavo con il mio walkie talkie da adulto abbracciando quella finta ubiquità. Poi mi hanno svaligiato la casa e mi hanno tolto il mio giocattolino, era un motorola v2288, l'avevo preso perché era in offerta da Max Living e perché era quello con la radio integrata così potevo seguire le partite dei Mondiali seduto comodamente sul treno per Palermo. Quando ho trovato la mia stanza messa a soqquadro ho subito visto che mancava il cellulare, il caricabatteria e le cuffie per la radio, bene, mi sono detto: un pensiero in meno. Da allora dico sempre: se siamo piume sballonzolate dal vento della sera prima o poi ci rincontreremo senza bisogno di pianificare con duecento esseemmeesse il luogo e il tempo e le altre otto categorie. 
 
E viaggio, lontano dai calendari e dai cronografi senza pensare all'immagine mobile dell'eternità, vago, strafatto di pagine e pagine di romanzi che sono state le asce per il mio mare ghiacciato. E viaggiando capita di perdersi, è la stessa strada che ti porta lontano da casa e ti obbliga a cercarti.
 
 Le quattro di notte e la luce dei lampioni ti lecca gli occhi e ripensi a Homer che guida la sua station wagon rosa per le vie di Springfield, ti chiedi se riuscirai mai a vedere il Palermo in serie A e se il senso dell'Essere lo troverai sotto un sasso scheggiato o attaccato alla corda di un aquilone. Le quattro ti soffiano addosso il fiotto dei ricordi e vuoi solo le ali del poeta toccato dalla divina mania.
 Le quattro e dieci: voglio scrivere il  migliore romanzo del secolo, mi vedo con le dita sul mio alfabeto di plastica a danzare il loro facile tip tap, scrivo e scrivo e finisco nella colonna dei best-sellers, mi sbattono pure tra gli allegati di Vibrisse con Marco Candida che mi legge senza fare manco un'orecchia alle mie pagine.
 
 Le 4 e mezza: la prima sosta all'autogrill è un cornetto caldo e la mia faccia  nello specchio del bagno alla ricerca le frasi incise lì da centinaia e centinaia di vite che si incrociano. Stephen King le colleziona e con un'impennata emulativa tiri fuori il taccuino, scarti i numeri telefonici di dotati in cerca di amici e richiudi il taccuino, in quell'autogrill non è passato nessun poeta alato. 
 
Quasi le cinque: la sensazione è di essere dentro una pellicola di Kiarostami con tutti quei tornanti e le linee spezzate che ti portano al di là dell'orizzonte. E c'è la faccia di Bagheri che ti ricorda il sapore della ciliegia e ci sono i vivi e i morti che ricostruiscono le case terremotate e c'è una tartaruga che cammina adagio adagio verso il meriggio. 
Resta solo l'ultima fetta di notte e poi il sole cancellerà tutti i tuoi pensieri, ci sarà solo una zanzara spalmata sul muro dalla tua infallibile ciabatta contundente. Ci sarà la zanzara e qualche goccia del tuo sangue e tutta una vita di ricordi.
 Manca ancora un minuto, la serranda chiusa ti regala un altro po' di buio, le sue vertebre ti filtrano la timida luce del giorno. Suona di nuovo la radio sveglia. Suona e la grande notte si nasconde nell'unico posto che l'è rimasto: il bordo bianco che separa le vignette dei fumetti. Tra quei millimetri ci sono i movimenti intermedi dell'arte sequenziale.

 E ci sei anche tu.

sabato 9 agosto 2003

Cervello o Cuore


Dorothy era così assorta nei suoi pensieri mentre procedevano, che non si accorse quando lo Spaventapasseri inciampò in un buco e rotolò oltre il sentiero.  Perciò egli fu costretto a chiamarla perché lo aiutasse e rialzarsi di nuovo.
- Perché non hai evitato la buca? - chiese il Boscaiolo di Latta.
- Non ne so abbastanza, - rispose lo Spaventapasseri. - La mia testa è imbottita di paglia, sai, e questa è la ragione per cui sta andando da Oz  a chiedergli un cervello.
- Oh, capisco, - disse il Boscaiolo di Latta. - Ma, dopo tutto, il cervello non è la cosa più importante del mondo.
  - Tu ce l'hai? - chiese lo Spaventapasseri.
- No, la mia testa è completamente vuota, - rispose il Boscaiolo, ma una volta io avevo un cervello, e anche un cuore; così avendoli provati entrambi, preferirei di gran lunga avere un cuore.
- E perché? - chiese lo Spaventapasseri.
- Ti racconterò la mia storia, e capirai.
Così, mentre stavano camminando attraverso la foresta, il Boscaiolo di Latta raccontò la seguente storia:
- lo sono figlio di un Boscaiolo, che abbatteva alberi nella foresta e rivendeva la legna per vivere.  Quando crebbi, anch'io divenni boscaiolo e, dopo la morte di mio padre, mi presi cura della mia vecchia mamma finché visse.  Poi decisi che piuttosto che vivere da solo, mi sarei sposato, per non soffrire di solitudine.
- C'era una ragazza Munchkin che era così bella, che m'innamorai di lei con tutto il cuore.  Ella, da parte sua, promise di sposarmi appena fossi riuscito a guadagnare abbastanza danaro per costruire una casa migliore; così mi misi a lavorare più duramente che mai.  Ma la ragazza viveva con una vecchia, che non voleva che sposasse nessuno, poiché era così pigra da pretendere che rimanesse con lei e le facesse da cuoca e da domestica.  Così la vecchia andò dalla Strega Malvagia dell'Est, e le promise due pecore e una mucca se avesse impedito il matrimonio.  Così la Strega Malvagia fece un incantesimo alla mia ascia, e un giorno, mentre stavo tagliando la legna con buona lena, poiché ero ansioso di avere una nuova casa e la moglie il più presto possibile, l'ascia, all'improvviso, scivolò e mi tagliò di netto la gamba sinistra.
- Dapprima, questa mi sembrò una grande disgrazia, poiché sapevo che un uomo con una gamba sola non può fare molto bene il Boscaiolo.  Così andai da un lattoniere e mi feci fare una nuova gamba di latta.  La gamba funzionò molto bene, una volta fatta l'abitudine.  Ma la mia trovata irritò La Strega Malvagia dell'Est, perché aveva promesso alla vecchia che non avrei sposato la bella Munchkin. Quando ricominciai a tagliare la legna, l'ascia scivolò di nuovo e mi tagliò via la gamba destra. Di nuovo mi recai dal lattoniere, e di nuovo mi fabbricò una gamba di latta. Dopo questo, l'ascia incantata mi tagliò le braccia una dopo l'altra; ma io, per nulla scoraggiato, le feci sostituire con braccia di latta.  La Strega Malvagia allora, fece scivolare l'ascia e mi tagliò la testa e, in un primo momento pensai che fosse la fine per me.  Ma il lattoniere si trovava per caso da quelle parti, così mi fece una nuova testa di latta.
Pensavo di aver battuto la Strega Malvagia, così mi misi al lavoro più alacremente che mai, ma poco sapevo di quanto fosse crudele la mia nemica.  Ella pensò a un nuovo modo di uccidere il mio amore per la fanciulla Munchkin, e fece scivolare di nuovo la mia ascia, in modo che tagliasse proprio a metà il mio corpo, dividendomi in due parti.  Una volta ancora il lattoniere venne in mio aiuto e mi fabbricò un corpo di latta, fissando ad esso le braccia, le gambe e la testa, per mezzo di giunture, affinché potessi muovermi bene come prima.  Ma, ahimè!  Ora non avevo più il cuore, così persi tutto il mio amore per la fanciulla Munchkin, e non m'interessava più sposarla.
- Il mio corpo brillava con tanto fulgore al sole, che me ne sentivo molto fiero, e ormai non m'importava se l'ascia mi sfuggiva, perché non poteva tagliarmi. C'era un solo pericolo: che le mie giunture arrugginissero.  Ma tenni un oliatore nella mia capanna ed ebbi cura di lubrificarmi ogni volta che ne avevo bisogno. Comunque, giunse un giorno in cui mi dimenticai di farlo e, sorpreso da un temporale, prima di rendermene conto, le mie giunture arrugginirono, ed io rimasi immobile nel bosco finché non arrivaste voi ad aiutarmi.  E' stata una prova terribile da superare, ma durante l'anno in cui rimasi lì, ebbi il tempo di comprendere che la perdita più grande che avevo subito era stata quella del cuore. Quando ero innamorato, ero l'uomo più felice del mondo, ma nessuno può amare chi non ha cuore, e così ho deciso di chiedere a Oz di darmene uno. Se lo farà, tornerò dalla fanciulla Munchkin e la sposerò.
Sia Dorothy che lo Spaventapasseri si erano dimostrati molto interessati alla storia del Boscaiolo di Latta, e ora sapevano perché fosse così ansioso di avere un nuovo cuore.
- Comunque, - disse lo Spaventapasseri, - chiederò un cervello invece di un cuore, poiché uno sciocco non saprebbe cosa farsene di un cuore, se ne avesse uno.
- Io cercherò di avere un cuore, - ripeté il Boscaiolo di Latta, - poiché il cervello non rende felici, e la felicità è la migliore cosa al mondo.
Dorothy non disse nulla, perché era incerta su quale dei due amici fosse nel giusto, e così decise che, se soltanto fosse potuta ritornare nel Kansas, dalla Zia Em, non le sarebbe importato poi molto che il Boscaiolo non avesse il cervello e lo Spaventapasseri il cuore, o che entrambi avessero ottenuto ciò che desideravano.


Tratto da "Il mago di Oz" di Lyman F. Baum

Cervello o Cuore


Dorothy era così assorta nei suoi pensieri mentre procedevano, che non si accorse quando lo Spaventapasseri inciampò in un buco e rotolò oltre il sentiero.  Perciò egli fu costretto a chiamarla perché lo aiutasse e rialzarsi di nuovo.
- Perché non hai evitato la buca? - chiese il Boscaiolo di Latta.
- Non ne so abbastanza, - rispose lo Spaventapasseri. - La mia testa è imbottita di paglia, sai, e questa è la ragione per cui sta andando da Oz  a chiedergli un cervello.
- Oh, capisco, - disse il Boscaiolo di Latta. - Ma, dopo tutto, il cervello non è la cosa più importante del mondo.
  - Tu ce l'hai? - chiese lo Spaventapasseri.
- No, la mia testa è completamente vuota, - rispose il Boscaiolo, ma una volta io avevo un cervello, e anche un cuore; così avendoli provati entrambi, preferirei di gran lunga avere un cuore.
- E perché? - chiese lo Spaventapasseri.
- Ti racconterò la mia storia, e capirai.
Così, mentre stavano camminando attraverso la foresta, il Boscaiolo di Latta raccontò la seguente storia:
- lo sono figlio di un Boscaiolo, che abbatteva alberi nella foresta e rivendeva la legna per vivere.  Quando crebbi, anch'io divenni boscaiolo e, dopo la morte di mio padre, mi presi cura della mia vecchia mamma finché visse.  Poi decisi che piuttosto che vivere da solo, mi sarei sposato, per non soffrire di solitudine.
- C'era una ragazza Munchkin che era così bella, che m'innamorai di lei con tutto il cuore.  Ella, da parte sua, promise di sposarmi appena fossi riuscito a guadagnare abbastanza danaro per costruire una casa migliore; così mi misi a lavorare più duramente che mai.  Ma la ragazza viveva con una vecchia, che non voleva che sposasse nessuno, poiché era così pigra da pretendere che rimanesse con lei e le facesse da cuoca e da domestica.  Così la vecchia andò dalla Strega Malvagia dell'Est, e le promise due pecore e una mucca se avesse impedito il matrimonio.  Così la Strega Malvagia fece un incantesimo alla mia ascia, e un giorno, mentre stavo tagliando la legna con buona lena, poiché ero ansioso di avere una nuova casa e la moglie il più presto possibile, l'ascia, all'improvviso, scivolò e mi tagliò di netto la gamba sinistra.
- Dapprima, questa mi sembrò una grande disgrazia, poiché sapevo che un uomo con una gamba sola non può fare molto bene il Boscaiolo.  Così andai da un lattoniere e mi feci fare una nuova gamba di latta.  La gamba funzionò molto bene, una volta fatta l'abitudine.  Ma la mia trovata irritò La Strega Malvagia dell'Est, perché aveva promesso alla vecchia che non avrei sposato la bella Munchkin. Quando ricominciai a tagliare la legna, l'ascia scivolò di nuovo e mi tagliò via la gamba destra. Di nuovo mi recai dal lattoniere, e di nuovo mi fabbricò una gamba di latta. Dopo questo, l'ascia incantata mi tagliò le braccia una dopo l'altra; ma io, per nulla scoraggiato, le feci sostituire con braccia di latta.  La Strega Malvagia allora, fece scivolare l'ascia e mi tagliò la testa e, in un primo momento pensai che fosse la fine per me.  Ma il lattoniere si trovava per caso da quelle parti, così mi fece una nuova testa di latta.
Pensavo di aver battuto la Strega Malvagia, così mi misi al lavoro più alacremente che mai, ma poco sapevo di quanto fosse crudele la mia nemica.  Ella pensò a un nuovo modo di uccidere il mio amore per la fanciulla Munchkin, e fece scivolare di nuovo la mia ascia, in modo che tagliasse proprio a metà il mio corpo, dividendomi in due parti.  Una volta ancora il lattoniere venne in mio aiuto e mi fabbricò un corpo di latta, fissando ad esso le braccia, le gambe e la testa, per mezzo di giunture, affinché potessi muovermi bene come prima.  Ma, ahimè!  Ora non avevo più il cuore, così persi tutto il mio amore per la fanciulla Munchkin, e non m'interessava più sposarla.
- Il mio corpo brillava con tanto fulgore al sole, che me ne sentivo molto fiero, e ormai non m'importava se l'ascia mi sfuggiva, perché non poteva tagliarmi. C'era un solo pericolo: che le mie giunture arrugginissero.  Ma tenni un oliatore nella mia capanna ed ebbi cura di lubrificarmi ogni volta che ne avevo bisogno. Comunque, giunse un giorno in cui mi dimenticai di farlo e, sorpreso da un temporale, prima di rendermene conto, le mie giunture arrugginirono, ed io rimasi immobile nel bosco finché non arrivaste voi ad aiutarmi.  E' stata una prova terribile da superare, ma durante l'anno in cui rimasi lì, ebbi il tempo di comprendere che la perdita più grande che avevo subito era stata quella del cuore. Quando ero innamorato, ero l'uomo più felice del mondo, ma nessuno può amare chi non ha cuore, e così ho deciso di chiedere a Oz di darmene uno. Se lo farà, tornerò dalla fanciulla Munchkin e la sposerò.
Sia Dorothy che lo Spaventapasseri si erano dimostrati molto interessati alla storia del Boscaiolo di Latta, e ora sapevano perché fosse così ansioso di avere un nuovo cuore.
- Comunque, - disse lo Spaventapasseri, - chiederò un cervello invece di un cuore, poiché uno sciocco non saprebbe cosa farsene di un cuore, se ne avesse uno.
- Io cercherò di avere un cuore, - ripeté il Boscaiolo di Latta, - poiché il cervello non rende felici, e la felicità è la migliore cosa al mondo.
Dorothy non disse nulla, perché era incerta su quale dei due amici fosse nel giusto, e così decise che, se soltanto fosse potuta ritornare nel Kansas, dalla Zia Em, non le sarebbe importato poi molto che il Boscaiolo non avesse il cervello e lo Spaventapasseri il cuore, o che entrambi avessero ottenuto ciò che desideravano.


Tratto da "Il mago di Oz" di Lyman F. Baum

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