mercoledì 26 febbraio 2003
http://digilander.libero.it/dicokinta/app_soc_com.doc
http://digilander.libero.it/dicokinta/cultura.doc + sociologia della letteratura + il museo
http://digilander.libero.it/dicokinta/app_st_est.doc
Buono studio
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martedì 25 febbraio 2003
ripassi e link
Date un'occhiata alle nuovissime pagine: ZumFiction, Caffè Dicotomico, La ri-creazione del mondo, Tacchi a spillo.
Tonino (che ripassa storia dell'estetica)
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Date un'occhiata alle nuovissime pagine: ZumFiction, Caffè Dicotomico, La ri-creazione del mondo, Tacchi a spillo.
Tonino (che ripassa storia dell'estetica)
sabato 22 febbraio 2003
Vitangelo Moscarda a Baudelaire sono ottimi in caso di evacuazione. Lo dice Benni e io lo sottoscrivo: “meglio ottimi libri in bagno che libri di merda in salotto”. Basta introduzioni. Lasciamo spazio a un (EC)CESSO DI MEDITAZIONI MATTUTINE:
Aggrediscono il cielo
le mie parole cercando
succo e verità in cambio
di ceci secchi di retorica. Noto che
la lente è fuori asse mentre guardo
storto il naso che mi è toccato: sta lì a
puntare il riflesso della mia faccia.
Penso e monto e spruzzo
troppa schiuma alla menta piperita, poi
spacchetto il rasoio e
ancora mi taglio
distratto dal croco e
dal senso dell'essere.
[Con i pensieri fuori fuoco
guardo il mondo nel buco tondo della carta igienica:
vedo solo belle bugie bucate]
Mi siedo sul trono e aspetto i ricordi.
Arrivano dalla collina dei broccoli e li vedo bene: sono sdentati.
Potevano giocare con la mia felicità e
hanno preferito mordermi l'amore e il cranio.
[Bussano]
Lascio piangere la catenella sulle mie meditazioni
che scivolano giù
ssssssssssssssilenziose.
(tonino pintacuda 22.02.03)
Vitangelo Moscarda a Baudelaire sono ottimi in caso di evacuazione. Lo dice Benni e io lo sottoscrivo: “meglio ottimi libri in bagno che libri di merda in salotto”. Basta introduzioni. Lasciamo spazio a un (EC)CESSO DI MEDITAZIONI MATTUTINE:
Aggrediscono il cielo
le mie parole cercando
succo e verità in cambio
di ceci secchi di retorica. Noto che
la lente è fuori asse mentre guardo
storto il naso che mi è toccato: sta lì a
puntare il riflesso della mia faccia.
Penso e monto e spruzzo
troppa schiuma alla menta piperita, poi
spacchetto il rasoio e
ancora mi taglio
distratto dal croco e
dal senso dell'essere.
[Con i pensieri fuori fuoco
guardo il mondo nel buco tondo della carta igienica:
vedo solo belle bugie bucate]
Mi siedo sul trono e aspetto i ricordi.
Arrivano dalla collina dei broccoli e li vedo bene: sono sdentati.
Potevano giocare con la mia felicità e
hanno preferito mordermi l'amore e il cranio.
[Bussano]
Lascio piangere la catenella sulle mie meditazioni
che scivolano giù
ssssssssssssssilenziose.
(tonino pintacuda 22.02.03)
l'ultimo viaggio della R4
E proprio a febbraio laRenò4verdepisello (così, tutto attaccato: è un'unica immagine mentale e tale deve rimanere) s'è fatta l'ultimo viaggio. Sembrava proprio un funerale: la renò sul cassone del camion del soccorso stradale e io e mio padre accanto all'autista, tutte e due a pezzi. Se ne vanno così ventidue anni di ricordi, finiranno in un quadrato di lamiera verde pisello. Sembra strano ma abbiamo (tutti...) 'sta radicata abitudine ad affezionarci agli oggetti inanimati in modo viscerale... [continua]
l'ultimo viaggio della R4
E proprio a febbraio laRenò4verdepisello (così, tutto attaccato: è un'unica immagine mentale e tale deve rimanere) s'è fatta l'ultimo viaggio. Sembrava proprio un funerale: la renò sul cassone del camion del soccorso stradale e io e mio padre accanto all'autista, tutte e due a pezzi. Se ne vanno così ventidue anni di ricordi, finiranno in un quadrato di lamiera verde pisello. Sembra strano ma abbiamo (tutti...) 'sta radicata abitudine ad affezionarci agli oggetti inanimati in modo viscerale... [continua]
venerdì 21 febbraio 2003
richard matheson. Regola per sopravvivere
E si fermarono sotto le torri di cristallo, sotto le eccelse e levigate strutture, che come specchi lucenti riflettevano la gloria dell’acceso tramonto, finché tutta la città fu un vivido, corrusco bagliore. Ras circondò con un braccio la vita dell’amata. «Felice?» chiese con voce carezzevole. «Oh, sì» ella rispose in un soffio. «Qui nella nostra bella città, dove c’è pace e gioia per tutti, come potrei non essere felice?» Dal cielo d’un azzurro inviolato, gli ultimi raggi impartirono una rosea benedizione al loro tenerissimo abbraccio.
Il ticchettio cessò. L’uomo poggiò le mani sul tavolo e chiuse gli occhi. Quella prosa era un vino, un liquore finissimo che inebriava la mente. Ce l’ho fatta di nuovo, pensò. Per Giove, ce l’ho fatta di nuovo.
Questo senso di umana fierezza lo trasse dal suo rapimento. Numerò le pagine, scrisse l’indirizzo sulla busta e vi infilò il dattiloscritto, pesò il tutto, affrancò, richiuse la busta.
Poi, dopo un’altra pausa di rapita immobilità, s’alzò e si vestì in fretta.
Era quasi mezzogiorno quando, nel suo spelacchiato cappotto di loden, Richard Allen Shaggley s’avviò per la strada tranquilla, verso la più vicina buca delle lettere. Doveva far resto, o avrebbe mancato la levata. E non doveva mancarla: Ras e la Città di Cristallo era un racconto troppo straordinario per poter aspettare fino alla levata del pomeriggio.
L’editore doveva riceverlo immediatamente. Un racconto di vendita sicura.
Fece il giro della grande fossa solcata da un groviglio di cavi (ma quando avrebbero terminato, una buona volta, di riparare queste fogne?), e arrancò avanti in fretta, con la busta stretta tra le dita rigide e il cuore in un tumulto d’esultanza.
Mezzogiorno. Raggiunse la cassetta delle lettere e guardò ansiosamente in giro, per il caso che il postino fosse arrivato qualche secondo prima di lui. Nessuno in vista. Un respiro di sollievo gli sfuggì dalle labbra screpolate. Con espressione radiosa, Richard Allen Shaggley ascoltò il rumore della b- usta che cadeva in fondo alla cassetta.
Poi l’autore felice sgattaiolò via tossendo.
Al aveva di nuovo dolori alle gambe. Avanzava titubando per la strada tranquilla, facendo scricchiolare leggermente i denti, col sacco di cuoio pendente dalla spalla stanca. Divento vecchio, pensò, non sono più in gamba per niente. Reumatismi alle gambe. Brutta cosa, per un postino; difficile fare il mio giro, in queste condizioni.
Alle dodici e un quarto raggiunse la rossa cassetta all’angolo della strada, e tirò fuori di tasca le chiavi. Chinandosi con un gemito, aprì la cassetta e ne trasse il contenuto.
Un sorriso gli schiarì la faccia dolorante. Fece un gesto d’approvazione col capo. Un’altra storia di Shaggley! E da pubblicare di-corsa, naturalmente. Già. È uno che sa scrivere, quello.
Rialzatosi con un nuovo gemito-, Al fece scivolare la busta nel sacco, richiuse a chiave la cassetta, e se ne andò traballante, sorridendo a se stesso. E un piacere, pensò, recapitare scritti simili: anche se mi fanno male le gambe.
Al era un grande ammiratore di Shaggley.
Un’espressione di giubilo illuminò il volto tormentato dei redattore. Per Giove, questa era una vera manna, in un pomeriggio che minacciava di restare vuoto e inutile. Con le labbra tirate da quello che, per lui, era un sorriso, si lasciò cadere nella poltrona di cuoio, impedì alle dita nervose di correre alla matita rossa e blu (nessun bisogno di correzioni, in un manoscritto di Shaggley!), e prese la busta dallo echeggiato piano di vetro della scrivania. Per Giove, una nuova storia di Shaggley! Che fortuna! R.A. sarebbe impazzito di gioia.
S’accomodò meglio nella poltrona, immediatamente assorbito dalle fini sfumature dell’inizio del racconto. In un tremito di trasporto dimenticò ogni altra cosa e s’addentrò coi fiato sospeso nella lettura.
Che maestria! Che stile! Che scrittore!
Automaticamente, scosse via frammenti di calcinaccio dalle mezze maniche nere.
Il vento, mentre leggeva, s’era levato di nuovo e gli scompigliava i pochi capelli color paglia, carezzandogli la fronte con un’ala di frescura.
Alzò la mano, e si passò un dito lungo la cicatrice che gli traversava il volto dalla guancia alla tempia, come un livido filo.
Il vento si fece più forte, frusciando tra i casellari e facendo volare qua e là, sul tappeto bruciacchiato, fogli scuriti agli angoli. Rick si riscosse e gettò uno sguardo impaziente alla larga crepa apertasi nel muro (ma quando le avrebbero finite, in nome del cielo, queste riparazioni?).
Poi tornò a immergersi, con gioia rinnovata, nel manoscritto di Shaggley.
Arrivato alla fine, si terse dalla guancia una lacrima commossa, dolce-amara, e abbassò una chiavetta del telefono interno.
«Preparate un altro assegno per Shaggley» ordinò, gettando via la chiavetta che s'era staccata. Alle tre e mezzo portò il manoscritto nell'ufficio di R.A. e lo lasciò sul suo tavolo.
Alle quattro, l'editore ne terminava a sua volta la lettura e quasi gridava d'entusiasmo, passandosi una mano soddisfatta sul cocuzzolo scabro.
La pubblicazione arrivò in edicola alle sei; e prima di metterla - a malincuore - in vendita, lo sfregiato giornalaio la rilesse forse tre volte, agitandosi e dondolandosi sulle gambe intorpidite.
Alle sei e mezzo, l'ometto mezzo calvo spuntò dal fondo della strada e s'avvicinò coi suo passo strascicato. Una dura giornata di lavoro, e un ben meritato riposo! pensò, avvicinandosi all'edicola in cerca di qualcosa da leggere.
Trattenne il fiato. Per Giove, una nuova storia di Shaggley! Che fortuna!
Prima di arrivare, l'aveva già finito. Dopo cena rilesse ancora una volta, con grandi cenni d'approvazione del capo macerato, pieno d'un reverente stupore per tanta forza d'espressione, per una simile magia e autorità di scrittura.
Sono pagine che ispirano, pensò. Una lettura che mette voglia di scrivere.
Alle dieci dormiva, sognando di funghi. E chiedendosi ancora, al risveglio, perché i primi che avevano osservato la nube non l'avessero descritta subito come un agarico di quelli chiamati cimitero, piuttosto che come un fungo in generale
Alle 6 del mattino, dopo una leggera colazione, Shaggley era alla sua macchina per scrivere.
Questa - scrisse - è la storia di come Ras incontrò la bella sacerdotessa di Shahglee, e di come ella s'innamorò di lui.
richard matheson. Regola per sopravvivere
E si fermarono sotto le torri di cristallo, sotto le eccelse e levigate strutture, che come specchi lucenti riflettevano la gloria dell’acceso tramonto, finché tutta la città fu un vivido, corrusco bagliore. Ras circondò con un braccio la vita dell’amata. «Felice?» chiese con voce carezzevole. «Oh, sì» ella rispose in un soffio. «Qui nella nostra bella città, dove c’è pace e gioia per tutti, come potrei non essere felice?» Dal cielo d’un azzurro inviolato, gli ultimi raggi impartirono una rosea benedizione al loro tenerissimo abbraccio.
giovedì 20 febbraio 2003
Resta comunque on-line durante il trasloco il vecchio caffè dicotomico.
Tornate spesso...
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