martedì 28 febbraio 2006

verso un nuovo sguardo sul mondo

mentre l'indefesso Cristiano Gaston lavora giorno e notte al nuovo sito di BombaCarta, giorno dopo giorno nuove pagine prendono forma, soprattutto quelle che devono presentare le realtà che sono lievitate in BombaCarta.
La pagina di Kukuzze e di BombaSicilia è quasi pronta, una presentazione lucida di Costantino Simonelli con una coda mia e di Maria Renda.

La riporto anche qui


Nel piccolo universo "webbico" e reale che negli anni si è formato attorno al progetto culturale di Bombacarta, Bombasicilia è stato il primo e più antico satellite a costituirsi come tale. Un po' paradossale è che il suo ideatore, Tonino Pintacuda, all'età della costituzione, da fresco diplomato liceale avesse poco più di diciott'anni. Ma il paradosso è solo apparente, perché poi chi nel tempo e nella frequentazione ha imparato a conoscere Tonino, si è accorto di quanto genio e fremente entusiasmo per lo scrivere, il leggere e i suoi indotti, tenesse ben custodito dentro. Quando la voglia impellente, urgente di esploderlo, di investire gli altri di questo suo amore, è finalmente scoppiata, questa ha coinvolto alcuni ipermeditabondi pescati nella lista madre di Bombacarta. E Bombasicilia è nata da un manipolo di listaioli mai abbastanza contenti e soddisfatti del "quanto basta" per dare libero sfogo alla loro passione-vizio: quello/a di scrivere. Sin dall' inizio il reclutamento delle maestranze cerebrali non ha avuto connotati di regionalismo. Sarebbe stato troppo angusto l'orizzonte e non avrebbe avuto in fin dei conti, in una realtà accattivantemente globale, molto senso. Il "sicilia" attaccato a "bomba", da subito non è stato altro che un pretesto per darsi un'etichetta di affiliazione nella diversità.

Bombasicilia è nata anch'essa da subito, e come naturale sbocco, al fine di produrre una rivista "webbicamente" diversa; che fosse il coagulo, il prodotto, variegato ma compiuto, di diversi modi di concepire la letteratura e di applicarla nei propri scritti.

I primi tempi, quelli dell'entusiasmo e dell'improvvisazione, sono stati piuttosto faticosi nel trovare una identità precisa, un'armonia di fondo tra i vari scritti, un qualcosa che desse un senso definito al discorso che si andava proclamando.

Per un bel po' si è rimasti intrappolati nel più comune degli errori di una rivista "webbica", fatta da volenterosi entusiasti produttori e assaporatori di parole, ma velleitari redattori che mandavano "cose loro" avulse da qualsiasi progetto e che puntualmente, in mancanza d'altro, venivano incastonate nel tabloid con fare pressoché antologizzante e, a volte, anche un po' vetrinesco; in una sorta di buona torre di Babele in cui ognuno parlava più o meno bene la sua bella lingua ma si estraniava da qualsiasi discorso degli altri.

Ma siccome Bombasicilia non voleva essere questo, ecco che nel 2005, sempre Tonino, nel frattempo maturato alla corte di una sapida e brillante laurea in filosofia, ci ha condannato, noi redattori, ad una svolta epocale per la rivista. Di portata pari, come peraltro tutte le grandi invenzioni pratiche, a quella della scoperta dell'uovo di Colombo. "Ci vuole un tema, un filo conduttore per ogni numero" E così adesso, da allora, Bombasicilia percorre un'altra rotta con il sestante indirizzato in modo non preciso, anzi elastico, ma comunque orientante.

Per fare un esempio prendo l'ultimo numero. Il tema, anche criptato da citazioni di grandi della letteratura, in buona sostanza era: "chi e quale lettura ti ha modulato o ti ha, in qualche modo, modificato la vita? E' una domanda interlocutoria, così, a tema libero, ma così responsabilizzante, quasi corporativivizzante i lettori che ne sentono il peso come tale, che, nella libertà dello gestirsi come si vuole nella risposta, spinge cuore, cervello e prassi a cooperare a dire un qualcosa di nuovo sull' argomento; ognuno con la sua indole, i suoi modi e le sue esperienze - memorie più consolidate.

E allora ecco che nella allogenia degli intenti e dei modi, Bombasicilia diventa un corpo compatto, una rivista "in progress" verso una sua propria identità.

Così facendo e così interpretandosi si è prefissato, da una parte un metodo, dall'altra si è prefigurato un percorso da intraprendere.

E per essere, in questo percorso, il meglio accompagnata possibile, si è aperta a più d'una d'esperienze culturali analoghe con cui condividere le problematiche e intersambiare i frutti delle discussioni.

Questo che ho tracciato della nostra realtà, è , naturalmente, ancora un cosiddetto "stato dell'arte" in corso d'opera. Un percorso ideale, ancora "in fieri", ancora da compiersi, per buona parte, verso un "end point" che poi, nessuno sa dirti quanto si possa, nel tempo che lo persegui, allontanarsi vieppiù dal tuo percorso. E neppure - e questo è il bello - se resterà nel tempo futuro sempre lo stesso.

Però, dalla sua, Bombasicilia, insieme alla più ponderosa casamadre, ha una sua curiosità inappagata, una ricerca del meglio ancora, che è (dovrebbe essere) il migliore antidoto alla cementificazione del giù ottenuto. E cioè del dato per scontato.

Adesso come adesso Bombasicilia è un "lavori in corso" mentale ed organizzativo senza limiti di tempo e di occupati.

Ma l'unico requisito ed il solo intento necessario ed indispensabile per partecipare resta quello della voglia o della necessità di grattugiarsi fuori e dentro e farne uscire fuori e mettere nero su bianco scaglie di parole.

E siccome le parole, ricche o povere che siano, nella vita un po' sono importanti, ma nella letteratura sono quasi il tutto, allora corre obbligo che queste, in una qualsiasi produzione letteraria, siano organizzate al meglio.

Bombasicilia ci sta provando.


kukuzze



Eredi dell'esperienza maturata nei cinque anni di vita editoriale di BombaSicilia, le Kukuzze si sono costituite nell'agosto del 2005 sulla spiaggia di Castellamare del Golfo. Quel pomeriggio Tonino Pintacuda, Maria Renda, Luigi Bellanca e Linda Scardina hanno dato una forma a quello che più o meno esisteva già. Il nome è stato frutto casuale di una tempesta di cervelli che turbinavano nella sabbia, poi l'avvicinarsi dell'ora di cena ha fatto il resto. Le due K sono frutto di una precisa intuizione grafica di Luigi "g1ga" Bellanca che il nome l'ha scelto anche in base al logo che ne doveva ricavare, a Luigi spetta anche la paternità del progetto grafico che contraddistingue ogni numero di BombaSicilia, vero e proprio precipitato di mesi e mesi di riflessione su quello che la letteratura ditta dentro.

In concreto le Kukuzze esistono nella ostinata speranza dei quattro soci fondatori e della ventina di redattori e simpatizzanti che fanno parte della redazione della rivista. Nell'isola triangolare le Kukuzze si stanno facendo conoscere presenziando alle varie attività culturali che lievitano a Palermo, legami particolareggiati sono quelli col Parco Letterario Tomasi di Lampedusa e con gli Amici di Oblomov, hanno fatto capolino pure sulle pagine di Rosalio, il portale di vita palermitana messo su da un'idea di Tony Siino.

L'entusiasmo di Pietre di Scarto costituisce un prezioso precedente, le Kukuzze hanno collaborato con due comunicazioni al convegno del 2006 sul "mistero dello scrivere" e si sono già prenotate per la preparazione di quello del 2007.

Centro delle attività è il Kukuzzatorio, piccolo ma poliedrico (garage, sala delle riunioni strategiche, seminario, dimora prediletta della cagnetta Candy), il Kukuzzatorio è letteralmente il luogo dove le Kukuzze si incontrano per dare lustro ai propri progetti. Tra i loro cantieri un laboratorio di scrittura per l'infanzia sulla scia degli 826 fondati da Dave Eggers.

Il Kukuzzatorio offre anche una popolosa biblioteca aperta al pubblico che spazia dalla critica letteraria alla letteratura per ragazzi.

Chiunque volesse implementare la biblioteca può spedire libri o riviste letterarie al Kukuzzatorio



il kukuzzatorio
via Francesco Paolo Perez, 30
(traversa via Ciro Scianna) -
90011 Bagheria

verso un nuovo sguardo sul mondo

mentre l'indefesso Cristiano Gaston lavora giorno e notte al nuovo sito di BombaCarta, giorno dopo giorno nuove pagine prendono forma, soprattutto quelle che devono presentare le realtà che sono lievitate in BombaCarta.
La pagina di Kukuzze e di BombaSicilia è quasi pronta, una presentazione lucida di Costantino Simonelli con una coda mia e di Maria Renda.

La riporto anche qui


Nel piccolo universo "webbico" e reale che negli anni si è formato attorno al progetto culturale di Bombacarta, Bombasicilia è stato il primo e più antico satellite a costituirsi come tale. Un po' paradossale è che il suo ideatore, Tonino Pintacuda, all'età della costituzione, da fresco diplomato liceale avesse poco più di diciott'anni. Ma il paradosso è solo apparente, perché poi chi nel tempo e nella frequentazione ha imparato a conoscere Tonino, si è accorto di quanto genio e fremente entusiasmo per lo scrivere, il leggere e i suoi indotti, tenesse ben custodito dentro. Quando la voglia impellente, urgente di esploderlo, di investire gli altri di questo suo amore, è finalmente scoppiata, questa ha coinvolto alcuni ipermeditabondi pescati nella lista madre di Bombacarta. E Bombasicilia è nata da un manipolo di listaioli mai abbastanza contenti e soddisfatti del "quanto basta" per dare libero sfogo alla loro passione-vizio: quello/a di scrivere. Sin dall' inizio il reclutamento delle maestranze cerebrali non ha avuto connotati di regionalismo. Sarebbe stato troppo angusto l'orizzonte e non avrebbe avuto in fin dei conti, in una realtà accattivantemente globale, molto senso. Il "sicilia" attaccato a "bomba", da subito non è stato altro che un pretesto per darsi un'etichetta di affiliazione nella diversità.

Bombasicilia è nata anch'essa da subito, e come naturale sbocco, al fine di produrre una rivista "webbicamente" diversa; che fosse il coagulo, il prodotto, variegato ma compiuto, di diversi modi di concepire la letteratura e di applicarla nei propri scritti.

I primi tempi, quelli dell'entusiasmo e dell'improvvisazione, sono stati piuttosto faticosi nel trovare una identità precisa, un'armonia di fondo tra i vari scritti, un qualcosa che desse un senso definito al discorso che si andava proclamando.

Per un bel po' si è rimasti intrappolati nel più comune degli errori di una rivista "webbica", fatta da volenterosi entusiasti produttori e assaporatori di parole, ma velleitari redattori che mandavano "cose loro" avulse da qualsiasi progetto e che puntualmente, in mancanza d'altro, venivano incastonate nel tabloid con fare pressoché antologizzante e, a volte, anche un po' vetrinesco; in una sorta di buona torre di Babele in cui ognuno parlava più o meno bene la sua bella lingua ma si estraniava da qualsiasi discorso degli altri.

Ma siccome Bombasicilia non voleva essere questo, ecco che nel 2005, sempre Tonino, nel frattempo maturato alla corte di una sapida e brillante laurea in filosofia, ci ha condannato, noi redattori, ad una svolta epocale per la rivista. Di portata pari, come peraltro tutte le grandi invenzioni pratiche, a quella della scoperta dell'uovo di Colombo. "Ci vuole un tema, un filo conduttore per ogni numero" E così adesso, da allora, Bombasicilia percorre un'altra rotta con il sestante indirizzato in modo non preciso, anzi elastico, ma comunque orientante.

Per fare un esempio prendo l'ultimo numero. Il tema, anche criptato da citazioni di grandi della letteratura, in buona sostanza era: "chi e quale lettura ti ha modulato o ti ha, in qualche modo, modificato la vita? E' una domanda interlocutoria, così, a tema libero, ma così responsabilizzante, quasi corporativivizzante i lettori che ne sentono il peso come tale, che, nella libertà dello gestirsi come si vuole nella risposta, spinge cuore, cervello e prassi a cooperare a dire un qualcosa di nuovo sull' argomento; ognuno con la sua indole, i suoi modi e le sue esperienze - memorie più consolidate.

E allora ecco che nella allogenia degli intenti e dei modi, Bombasicilia diventa un corpo compatto, una rivista "in progress" verso una sua propria identità.

Così facendo e così interpretandosi si è prefissato, da una parte un metodo, dall'altra si è prefigurato un percorso da intraprendere.

E per essere, in questo percorso, il meglio accompagnata possibile, si è aperta a più d'una d'esperienze culturali analoghe con cui condividere le problematiche e intersambiare i frutti delle discussioni.

Questo che ho tracciato della nostra realtà, è , naturalmente, ancora un cosiddetto "stato dell'arte" in corso d'opera. Un percorso ideale, ancora "in fieri", ancora da compiersi, per buona parte, verso un "end point" che poi, nessuno sa dirti quanto si possa, nel tempo che lo persegui, allontanarsi vieppiù dal tuo percorso. E neppure - e questo è il bello - se resterà nel tempo futuro sempre lo stesso.

Però, dalla sua, Bombasicilia, insieme alla più ponderosa casamadre, ha una sua curiosità inappagata, una ricerca del meglio ancora, che è (dovrebbe essere) il migliore antidoto alla cementificazione del giù ottenuto. E cioè del dato per scontato.

Adesso come adesso Bombasicilia è un "lavori in corso" mentale ed organizzativo senza limiti di tempo e di occupati.

Ma l'unico requisito ed il solo intento necessario ed indispensabile per partecipare resta quello della voglia o della necessità di grattugiarsi fuori e dentro e farne uscire fuori e mettere nero su bianco scaglie di parole.

E siccome le parole, ricche o povere che siano, nella vita un po' sono importanti, ma nella letteratura sono quasi il tutto, allora corre obbligo che queste, in una qualsiasi produzione letteraria, siano organizzate al meglio.

Bombasicilia ci sta provando.


kukuzze



Eredi dell'esperienza maturata nei cinque anni di vita editoriale di BombaSicilia, le Kukuzze si sono costituite nell'agosto del 2005 sulla spiaggia di Castellamare del Golfo. Quel pomeriggio Tonino Pintacuda, Maria Renda, Luigi Bellanca e Linda Scardina hanno dato una forma a quello che più o meno esisteva già. Il nome è stato frutto casuale di una tempesta di cervelli che turbinavano nella sabbia, poi l'avvicinarsi dell'ora di cena ha fatto il resto. Le due K sono frutto di una precisa intuizione grafica di Luigi "g1ga" Bellanca che il nome l'ha scelto anche in base al logo che ne doveva ricavare, a Luigi spetta anche la paternità del progetto grafico che contraddistingue ogni numero di BombaSicilia, vero e proprio precipitato di mesi e mesi di riflessione su quello che la letteratura ditta dentro.

In concreto le Kukuzze esistono nella ostinata speranza dei quattro soci fondatori e della ventina di redattori e simpatizzanti che fanno parte della redazione della rivista. Nell'isola triangolare le Kukuzze si stanno facendo conoscere presenziando alle varie attività culturali che lievitano a Palermo, legami particolareggiati sono quelli col Parco Letterario Tomasi di Lampedusa e con gli Amici di Oblomov, hanno fatto capolino pure sulle pagine di Rosalio, il portale di vita palermitana messo su da un'idea di Tony Siino.

L'entusiasmo di Pietre di Scarto costituisce un prezioso precedente, le Kukuzze hanno collaborato con due comunicazioni al convegno del 2006 sul "mistero dello scrivere" e si sono già prenotate per la preparazione di quello del 2007.

Centro delle attività è il Kukuzzatorio, piccolo ma poliedrico (garage, sala delle riunioni strategiche, seminario, dimora prediletta della cagnetta Candy), il Kukuzzatorio è letteralmente il luogo dove le Kukuzze si incontrano per dare lustro ai propri progetti. Tra i loro cantieri un laboratorio di scrittura per l'infanzia sulla scia degli 826 fondati da Dave Eggers.

Il Kukuzzatorio offre anche una popolosa biblioteca aperta al pubblico che spazia dalla critica letteraria alla letteratura per ragazzi.

Chiunque volesse implementare la biblioteca può spedire libri o riviste letterarie al Kukuzzatorio



il kukuzzatorio
via Francesco Paolo Perez, 30
(traversa via Ciro Scianna) -
90011 Bagheria

lunedì 27 febbraio 2006

io e la mia mente empedoclea





Lo scrittore Demetrio Paolin, meritevolissimo vicedirettore di BombaSicilia si cimenta con una presentazione-provocazione della rivista stessa per il nuovo sito di Bombacarta che lievita notte tempo prima del gran debutto. Sono appena tornato da Reggio, caricate su flickr le foto mi attraversa la voglia di rimettermi in cammino sui tasti di questa tastiera.

Procede la vita, da qualche tempo impartisco pure lezioni private a un ragazzino con lo zucchetto degli Articolo 31 appiccicato alla cucuzza e gli occhi limpidi di chi ha ancora la speranza nel domani, dato che ho preso la strada della filosofia costituisce per me sommo gaudio che proprio dalla filosofia è iniziata la sua risalita dall'abisso dell'imminente bocciatura. Guadagno 15 euro a lezione, la stessa cifra che mi fruttano le sei ore mattutine al servizio civile, lì ho sviluppato una santa indifferenza. Per quattr'ore mi dedico alla distribuzione di servizi ai cittadini anziani e disabili, un florilegio di belle storie che prima o poi forse racconterò, le ultime due ore, quelle che mi separano dalle 14:00 le passo a leggere, il flusso di utenti si riduce e le pagine aumentano. In questo spazio di discernimento vivo la frase che ho posto sotto "quello che la letteratura ditta dentro". Mi ritrovo qui, con meno capelli e più barba a fare la stessa cosa che facevo dieci anni fa: leggo. Leggo e aspetto.

Ho letto proprio oggi "Lo spasimo di Palermo" che proprio Demetrio mi aveva consigliato, è stato un bel leggere, Consolo scrive parole che nessuno usa più, lo fa con mano ferma e felice sino all'epica conclusione con Paolo Borsellino che suona il campanello e si vede strappare via dalla vita e da quella speranza che nutriva per quella città saccheggiata e stuprata.

Ieri ero a pranzo in Calabria, col poeta Claudio Damiani si discuteva di letteratura e della grandezza del "Gattopardo", in Consolo troviamo un ulteriore passo avanti. Ne parlerò meglio quanto prima.

Vi lascio la presentazione di Demetrio:


BombaSicilia nasce nel 2001 dalla testa empedoclea di Tonino Pintaduca e nasce come "costola" di BombaCarta. E proprio come la "costola" più famosa, Eva, BombaSicilia prende su di sé il compito, oneroso e onorante, di essere un "aiuto contro", un ossimoro che vuole simboleggiare l'appartenenza nella diversità di questa realtà alla federazione.
BombaSicilia nasce come realtà territoriale, ma poco per volta si allarga e la sua mailinglist ha ormai iscritti da Torino, Firenze, Cagliari etc etc.; il suo segno distintivo è la rivista trimestrale omonima, che rappresenta all'interno del pur variegato mondo webbico italiano un apax.
Chi infatti andasse sul link della rivista potrebbe scaricare un prodotto molto diverso da quello che usualmente si trova in rete, curato nella grafica, accattivante e zeppo di cose.
Cose narrate.
Cose lette.
Cose ragionate.
Cose discusse.
Una vera e propria affobata di temi e di idee, che sono il prodotto di continui scambi di opione, di riflessioni, di scazzi e di riappacificazioni che hanno costellato e costellano la vita di questa realtà, mai completamente pacificata, ma proprio per questo viva e vitale.
La rivista BombaSicilia non è un'antologia di quello che la lista propone (non è insomma un Gas-on-line su scala ridotta), ma è la elaborazione di contenuti che vengono discussi durante i mesi di preparazione delle pagine. Non è una rivista di racconti. Non è una rivista di saggi. E' un ibrido, una via di mezzo in cui si possono leggere scritti dal sapore 'saggistico' e testi più scapigliati, in cui pagine di diario personale si mescolano alle finzioni letterarie più ardite.
Il tutto è tenuto insieme da una scelta di stile, che mette al centro la volontà di chi scrive di "dire qualcosa", di parlare, aprire ponti e, infine, sedurre il lettore; in un parola è una scrittura che si genera del desiderio.
Noi vorremmo che il lettore chiuse le nostre pagine dicesse con Proust "se ci capita ancora oggi di sfogliare questi libri di un tempo, è solo più in quanto sono gli unici calendari che abbiamo conservato dei giorni sepolti, e con la speranza di vedere riflesse sulle loro pagine le case e gli stagni che non esistono più".

BombaSicilia non è solo la mailing list e non è solo la rivista, ma è anche Kukuzze, un luogo, un laboratorio, una realtà che vuole cercare di riconsegnare il piacere della scrittura e della lettura alle persone

io e la mia mente empedoclea





Lo scrittore Demetrio Paolin, meritevolissimo vicedirettore di BombaSicilia si cimenta con una presentazione-provocazione della rivista stessa per il nuovo sito di Bombacarta che lievita notte tempo prima del gran debutto. Sono appena tornato da Reggio, caricate su flickr le foto mi attraversa la voglia di rimettermi in cammino sui tasti di questa tastiera.

Procede la vita, da qualche tempo impartisco pure lezioni private a un ragazzino con lo zucchetto degli Articolo 31 appiccicato alla cucuzza e gli occhi limpidi di chi ha ancora la speranza nel domani, dato che ho preso la strada della filosofia costituisce per me sommo gaudio che proprio dalla filosofia è iniziata la sua risalita dall'abisso dell'imminente bocciatura. Guadagno 15 euro a lezione, la stessa cifra che mi fruttano le sei ore mattutine al servizio civile, lì ho sviluppato una santa indifferenza. Per quattr'ore mi dedico alla distribuzione di servizi ai cittadini anziani e disabili, un florilegio di belle storie che prima o poi forse racconterò, le ultime due ore, quelle che mi separano dalle 14:00 le passo a leggere, il flusso di utenti si riduce e le pagine aumentano. In questo spazio di discernimento vivo la frase che ho posto sotto "quello che la letteratura ditta dentro". Mi ritrovo qui, con meno capelli e più barba a fare la stessa cosa che facevo dieci anni fa: leggo. Leggo e aspetto.

Ho letto proprio oggi "Lo spasimo di Palermo" che proprio Demetrio mi aveva consigliato, è stato un bel leggere, Consolo scrive parole che nessuno usa più, lo fa con mano ferma e felice sino all'epica conclusione con Paolo Borsellino che suona il campanello e si vede strappare via dalla vita e da quella speranza che nutriva per quella città saccheggiata e stuprata.

Ieri ero a pranzo in Calabria, col poeta Claudio Damiani si discuteva di letteratura e della grandezza del "Gattopardo", in Consolo troviamo un ulteriore passo avanti. Ne parlerò meglio quanto prima.

Vi lascio la presentazione di Demetrio:


BombaSicilia nasce nel 2001 dalla testa empedoclea di Tonino Pintaduca e nasce come "costola" di BombaCarta. E proprio come la "costola" più famosa, Eva, BombaSicilia prende su di sé il compito, oneroso e onorante, di essere un "aiuto contro", un ossimoro che vuole simboleggiare l'appartenenza nella diversità di questa realtà alla federazione.
BombaSicilia nasce come realtà territoriale, ma poco per volta si allarga e la sua mailinglist ha ormai iscritti da Torino, Firenze, Cagliari etc etc.; il suo segno distintivo è la rivista trimestrale omonima, che rappresenta all'interno del pur variegato mondo webbico italiano un apax.
Chi infatti andasse sul link della rivista potrebbe scaricare un prodotto molto diverso da quello che usualmente si trova in rete, curato nella grafica, accattivante e zeppo di cose.
Cose narrate.
Cose lette.
Cose ragionate.
Cose discusse.
Una vera e propria affobata di temi e di idee, che sono il prodotto di continui scambi di opione, di riflessioni, di scazzi e di riappacificazioni che hanno costellato e costellano la vita di questa realtà, mai completamente pacificata, ma proprio per questo viva e vitale.
La rivista BombaSicilia non è un'antologia di quello che la lista propone (non è insomma un Gas-on-line su scala ridotta), ma è la elaborazione di contenuti che vengono discussi durante i mesi di preparazione delle pagine. Non è una rivista di racconti. Non è una rivista di saggi. E' un ibrido, una via di mezzo in cui si possono leggere scritti dal sapore 'saggistico' e testi più scapigliati, in cui pagine di diario personale si mescolano alle finzioni letterarie più ardite.
Il tutto è tenuto insieme da una scelta di stile, che mette al centro la volontà di chi scrive di "dire qualcosa", di parlare, aprire ponti e, infine, sedurre il lettore; in un parola è una scrittura che si genera del desiderio.
Noi vorremmo che il lettore chiuse le nostre pagine dicesse con Proust "se ci capita ancora oggi di sfogliare questi libri di un tempo, è solo più in quanto sono gli unici calendari che abbiamo conservato dei giorni sepolti, e con la speranza di vedere riflesse sulle loro pagine le case e gli stagni che non esistono più".

BombaSicilia non è solo la mailing list e non è solo la rivista, ma è anche Kukuzze, un luogo, un laboratorio, una realtà che vuole cercare di riconsegnare il piacere della scrittura e della lettura alle persone

prigionieri del sistema o coscienze critiche


Di ritorno dal Convegno di Reggio Calabria "il mistero di scrivere" pubblichiamo la bella pagina che ieri l'Avvenire ha dedicato a un tema sempre attuale, tutte le foto del convegno sono qui


DIBATTITO


Hanno ancora una funzione sociale? Fanno i conti con l’etica o dispensano parole in libertà (purché remunerative)? I romanzi e i racconti di oggi spesso danno l’impressione di essere del tutto appiattiti su una visione che si riduce al banale e al consumo. Diamo la parola ai protagonisti



Scrittori. Prigionieri del sistema o coscienze critiche?



La pietra che zampilla
Antonio Spadaro


Per scrivere un buon romanzo è necessario avere un discreto serbatoio di esperienza. Lo scrittore è immerso nell'esperienza, lo scrivente fa esperimenti. Per fare esperienza ci vogliono delle condizioni ben precise. La prima e fondamentale è credere che nella vita qualcosa "accade". Sembra scontato, ma non lo è. Occorre essere consapevoli che la vita non è un flusso ininterrotto e omogeneo di avvenimenti grigi, che si susseguono uno dopo l'altro, i quali acquistano significato solamente nei circuiti mentali o nel gesto sperimentale dello scrittore. Scrivere non è soltanto un fatto di coscienza, di meandri mentali, di pura invenzione: è un fatto di realtà.

La drammatica poesia di Paul Celan ci ha insegnato che scrivere è espirare dopo aver inspirato la realtà. La poesia è "svolta di respiro". Sempre, anche se la realtà è dura da vivere e si ha solamente voglia di evadere. Anche quando l'aria attorno si fa irrespirabile e il respiro si fa "di pietra", la parola dello scrittore vince l'afasia incombente. Lo «zampillo» della poesia «schianterà/ la pietra che lo tiene» (Mario Luzi). La scrittura di valore letterario è sempre sorgiva, zampilla dalla pietra, schiantandola, aprendosi un varco. La roccia è necessaria.
La letteratura dunque non è solamente, come scriveva Italo Calvino nelle sue Lezioni americane, «il repertorio del potenziale, dell'ipotetico, di ciò che non è né è stato né forse sarà ma che avrebbe potuto essere». E la fantasia non è affatto «una specie di macchina elettronica». L'immaginazione è invece una funzione dell'esperienza e costruisce con materiali presi dall'esperienza e rielaborati. La realtà è più ricca della fantasia perché è il seme che, in potenza, contiene tutto il suo sviluppo fantastico.
Ed eccoci al punto: la qualità di un romanzo dipende dalla qualità dell'esperienza di vita che fa il suo autore. Infatti quell'aria che inspira è la stessa che espira in forma di linguaggio e di narrazione. Quale esperienza della vita hanno i nostri scrittori? Chiaro: sarebbe fin troppo facile ridurre questa mia affermazione a un facile e inutile autobiografismo. Peggio ancora sarebbe pensare che lo scrittore per essere bravo debba essere una "brava persona". Dico invece che il pericolo sempre in agguato è che gli scrittori siano ossessionati non da una storia, ma dal nudo scheletro di qualche idea; da problemi, non da persone; da questioni e da temi, non dall'ordito dell'esistenza; dalla sociologia, non da quei particolari di vita concreti che danno forma al mistero del nostro essere al mondo.
Dunque dietro (anzi: dentro) ogni romanzo riuscito c'è la verità di un'esperienza di vita. Ma non ci aveva insegnato Manganelli che la letteratura è menzogna? Bisogna intendersi. Sì, la letteratura è "menzogna" rispetto a una realtà monolitica e piatta di cui essa diverrebbe specchio fedele, ma inutile. La menzogna manganelliana, infatti, può anche essere intesa come la pars destruens di una ricerca ben più profonda e ardita che porti a superare la logica del "senso comune". Il pericolo, a mio avviso, è che questo momento destruens rimanga tale e si traduca nella semplice evasione nel subreale o nel surreale o nell'esperimento (cioè nel dominio della tecnica).
No, la letteratura che amo non si riduce a menzogna, come non è gioco combinatorio o illusione. La letteratura che amo nasce da una vita protesa come in una scalata. Wallace Stevens ha immaginato una poesia che… prende il posto di un monte. Scrivere per lui è come scalare un monte, avere una direzione, ricordare che esiste una meta, una exact rock da raggiungere, nonostante tutte le nostre "inesattezze". Questa è la scrittura umana, vera, ricca di senso, quella che procede affilata e dritta come una freccia, e sa così persino spaccare le rocce e spostare i pini, pur di non perdere la forza della sua direzione. Una scrittura senza una "roccia esatta" da raggiungere è una macchia su carta porosa, stagno inutile e sciolto.
Ecco allora le domande che mi pongo davanti a una poesia o a una narrazione: qual è la sua "roccia esatta"? Quale meta mi indica? E con quale forza? Con quale sguardo? Lo scrittore autentico sa spostare le rocce per guadagnare la vista giusta, il giusto punto di osservazione dove si ottiene una pienezza, una completezza di vita e di esperienza che, scrive Stevens, resta inspiegabile. E questa si chiama "ispirazione".



Requiem per la parola

Giulio Mozzi


Gli scrittori non contano più nulla. Il complesso culturale-industriale li ha ridotti alla loro funzione minima: fornitori di testi. Ci sono i fornitori di carta, di inchiostro, di servizi redazionali, di immagini, eccetera: e ci sono i fornitori di testi, comunemente chiamati scrittori. D’altra parte, nemmeno i libri contano più nulla: il complesso culturale-industriale fa soldi con l’immaginario, il libro è solo uno dei tanti – e il meno economicamente rilevante –- tra i mezzi di promozione e distribuzione dell’immaginario. È evidente che se ci sono scrittori che sembrano contare qualcosa, se ci sono libri che sembrano contare qualcosa, questo è solo un effetto prodotto dal complesso culturale-industriale: che ha pur bisogno sia di colmare i bisogni di quel piccolo target costituito dai consumatori abituali di libri (distinti in "forti", "deboli" e "occasionali"), sia di tenere vivo quel mito dello scrittore che, permanendo nell’immaginario, ne tiene fuori la realtà degli scrittori.
Tutto male, dunque? No: tutto bene.
Ridotti a non contare più nulla, ridotti a fornitori di testi, ridotti alla condizione proletaria, gli scrittori hanno oggi la possibilità di essere semplicemente, e totalmente, e felicemente, scrittori. Poiché non contano più nulla, nessuno chiederà più loro di essere credibili, di farsi portatori di un nocciolo etico forte, di essere segno di contraddizione, di contrapporre dialetticamente lo splendore dei loro desideri al grigiore della realtà esistente: in sostanza, nessuno chiederà più loro di parlare a nome di altri che di loro stessi, della loro propria vita e del loro proprio stare nel mondo.
Certo: questa è l’euforia dell’apocalissi. Il sentirsi improvvisamente liberi perché tutto sta crollando, i palazzi e le catapecchie come le strutture sociali e gli interessi di mercato. Se ho perso tutto, chi può togliermi qualcosa? Se sono già morto, che paura ho di rischiare la vita? Se nessuno mi legge, perché mai usare prudenza nello scrivere? D’altra parte, questo sembra il tempo delle euforie. Ci sono le euforie dell’immaginario, le euforie del mercato, le euforie del consenso: e l’euforia dell’apocalisse, l’euforia che viene dal sentire che un tempo è finito, e forse ne viene un altro, purché si abbia voglia di attenderlo, non mi sembra, al confronto, spregevole.
Io non sono capace di distinguere la letteratura dalla profezia. Credo che lo scrittore sia, oggi, ciò che una volta si chiamava "profeta". Il profeta non è colui che prevede il futuro, non è colui che pretende di guidare le folle: il profeta è colui che, essendo competente in discorsi, vede il mondo com’è e non si lascia abbagliare e fuorviare dai discorsi; ed è colui che, avendo un dio, non teme il mondo. E che altro è lo scrittore, se non questo? È competente in discorsi – chi non lo è, se non lui – e finalmente oggi, essendo stato proletarizzato e ridotto a essere colui che parla solo a nome di sé stesso, ha scoperto di avere un dio. Lui stesso lo è.




La vita che ci cambia
Luca Doninelli



La domanda se abbia ancora senso, oggi, scrivere romanzi mi dà l’impressione di una domanda vecchia, di una domanda che fa parte ancora di un universo hegeliano, nel quale ogni elemento svolge (o non svolge) una funzione rispetto all’ineluttabile destino che governa la storia. Siamo molto più fatalisti di quanto immaginiamo, mentalmente prigionieri dell’irreversibilità (il più delle volte immaginaria) dei processi. In questo, i giornalisti ci sono maestri.
E’ come quando leggo certi romanzi degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, tutti intrisi di questioni del tipo «quale modello d’uomo si profila all’orizzonte?», oppure «che ne è dell’uomo dell’era post-atomica?», o anche «è ancora possibile un’etica dopo Auschwitz?». Questioni che appaiono capitali nel momento in cui vengono formulate, ma che in seguito si sgonfiano come palloncini a causa della loro astrazione.
L’uomo, dopo Hiroshima e dopo Auschwitz, semplicemente continua a vivere, continua a lavorare, amare, avere figli, e continua ad avere necessità di sapere perché vale la pena vivere e come trasmettere ai propri figli il senso di ciò che per lui è stato importante.
Un romanziere non è un individuo speciale. Non lo era quando si atteggiava a vate, non lo era quando era ridotto a funzionario di qualche linea politica, non lo è adesso. Non c’è niente, nel fatto di raccontare storie, che possa iscrivere il narratore in qualche albo spirituale di profeti, professionisti dello spirito e così via. E, va da sé, la possibilità di dire un sacco di sciocchezze è molto alta, sempre.
C’è, però, un fatto innegabile, e cioè che gli esempi sono molto più efficaci dei discorsi, e che una storia raccontata bene ha la possibilità di commuovere e far pensare molto più di una conferenza, perché ha il privilegio di poter mettere in primo piano le cose importanti in modo più diretto di qualsiasi altra arte.
I concetti astratti sono qualcosa di meraviglioso, ma il loro uso concreto è difficile. Il cinema ci affascina ma le immagini sono anche una specie di percorso obbligato (tant’è vero che il grande regista cerca sempre, in un modo o nell’altro, di oltrepassare il visibile).
Leggere storie è il modo più semplice per ritrovare pezzi magari oscuri della nostra vita: il fatto che qualcun altro li abbia vissuti e ce li comunichi attraverso una vicenda, un’atmosfera, o anche solo attraverso un aggettivo, fa parte del mistero della vita. In queste gallerie, in questi ponti che si stabiliscono tra persone, in questo percorso dall’io all’io sta, credo, una delle ragioni di esistenza dell’arte. Guai perciò a insistere troppo su discorsi del tipo "la narrativa è finita". Sono discorsi da irresponsabili, è un modo di tirare i remi in barca rispetto a una necessità che è di tutti, di chi scrive (o potrebbe scrivere) e di chi legge (o avrebbe bisogno di farlo).
Uno scrittore è senz’altro un educatore, auctor: lo voglia o no. Non perché si atteggia a maestro, ma perché le storie illuminano sempre qualcosa, fosse anche solo un pezzo di buio (a volte, in effetti, è proprio così).
La narrativa può darmi quanto di più "mio" si possa trovare al mondo. È un’arte vecchia di millenni, e in millenni ha probabilmente elaborato anticorpi migliori, seppur non infallibili, contro la tendenza dell’uomo (e dello scrittore) a mentire. Il fatto di dover raccontare bene un fatto ci obbliga a fare i conti con tutti i nostri luoghi comuni. Scrivere, insomma, è un’esperienza, è una vita. Possiamo vivere la più scialba delle esistenze, ma quando scriviamo siamo sempre invitati – non fosse altro che per la fatica fisica che lo scrivere comporta – a piegare il capo davanti all’ultima oggettività della vita.

prigionieri del sistema o coscienze critiche


Di ritorno dal Convegno di Reggio Calabria "il mistero di scrivere" pubblichiamo la bella pagina che ieri l'Avvenire ha dedicato a un tema sempre attuale, tutte le foto del convegno sono qui


DIBATTITO


Hanno ancora una funzione sociale? Fanno i conti con l’etica o dispensano parole in libertà (purché remunerative)? I romanzi e i racconti di oggi spesso danno l’impressione di essere del tutto appiattiti su una visione che si riduce al banale e al consumo. Diamo la parola ai protagonisti



Scrittori. Prigionieri del sistema o coscienze critiche?



La pietra che zampilla
Antonio Spadaro


Per scrivere un buon romanzo è necessario avere un discreto serbatoio di esperienza. Lo scrittore è immerso nell'esperienza, lo scrivente fa esperimenti. Per fare esperienza ci vogliono delle condizioni ben precise. La prima e fondamentale è credere che nella vita qualcosa "accade". Sembra scontato, ma non lo è. Occorre essere consapevoli che la vita non è un flusso ininterrotto e omogeneo di avvenimenti grigi, che si susseguono uno dopo l'altro, i quali acquistano significato solamente nei circuiti mentali o nel gesto sperimentale dello scrittore. Scrivere non è soltanto un fatto di coscienza, di meandri mentali, di pura invenzione: è un fatto di realtà.

La drammatica poesia di Paul Celan ci ha insegnato che scrivere è espirare dopo aver inspirato la realtà. La poesia è "svolta di respiro". Sempre, anche se la realtà è dura da vivere e si ha solamente voglia di evadere. Anche quando l'aria attorno si fa irrespirabile e il respiro si fa "di pietra", la parola dello scrittore vince l'afasia incombente. Lo «zampillo» della poesia «schianterà/ la pietra che lo tiene» (Mario Luzi). La scrittura di valore letterario è sempre sorgiva, zampilla dalla pietra, schiantandola, aprendosi un varco. La roccia è necessaria.
La letteratura dunque non è solamente, come scriveva Italo Calvino nelle sue Lezioni americane, «il repertorio del potenziale, dell'ipotetico, di ciò che non è né è stato né forse sarà ma che avrebbe potuto essere». E la fantasia non è affatto «una specie di macchina elettronica». L'immaginazione è invece una funzione dell'esperienza e costruisce con materiali presi dall'esperienza e rielaborati. La realtà è più ricca della fantasia perché è il seme che, in potenza, contiene tutto il suo sviluppo fantastico.
Ed eccoci al punto: la qualità di un romanzo dipende dalla qualità dell'esperienza di vita che fa il suo autore. Infatti quell'aria che inspira è la stessa che espira in forma di linguaggio e di narrazione. Quale esperienza della vita hanno i nostri scrittori? Chiaro: sarebbe fin troppo facile ridurre questa mia affermazione a un facile e inutile autobiografismo. Peggio ancora sarebbe pensare che lo scrittore per essere bravo debba essere una "brava persona". Dico invece che il pericolo sempre in agguato è che gli scrittori siano ossessionati non da una storia, ma dal nudo scheletro di qualche idea; da problemi, non da persone; da questioni e da temi, non dall'ordito dell'esistenza; dalla sociologia, non da quei particolari di vita concreti che danno forma al mistero del nostro essere al mondo.
Dunque dietro (anzi: dentro) ogni romanzo riuscito c'è la verità di un'esperienza di vita. Ma non ci aveva insegnato Manganelli che la letteratura è menzogna? Bisogna intendersi. Sì, la letteratura è "menzogna" rispetto a una realtà monolitica e piatta di cui essa diverrebbe specchio fedele, ma inutile. La menzogna manganelliana, infatti, può anche essere intesa come la pars destruens di una ricerca ben più profonda e ardita che porti a superare la logica del "senso comune". Il pericolo, a mio avviso, è che questo momento destruens rimanga tale e si traduca nella semplice evasione nel subreale o nel surreale o nell'esperimento (cioè nel dominio della tecnica).
No, la letteratura che amo non si riduce a menzogna, come non è gioco combinatorio o illusione. La letteratura che amo nasce da una vita protesa come in una scalata. Wallace Stevens ha immaginato una poesia che… prende il posto di un monte. Scrivere per lui è come scalare un monte, avere una direzione, ricordare che esiste una meta, una exact rock da raggiungere, nonostante tutte le nostre "inesattezze". Questa è la scrittura umana, vera, ricca di senso, quella che procede affilata e dritta come una freccia, e sa così persino spaccare le rocce e spostare i pini, pur di non perdere la forza della sua direzione. Una scrittura senza una "roccia esatta" da raggiungere è una macchia su carta porosa, stagno inutile e sciolto.
Ecco allora le domande che mi pongo davanti a una poesia o a una narrazione: qual è la sua "roccia esatta"? Quale meta mi indica? E con quale forza? Con quale sguardo? Lo scrittore autentico sa spostare le rocce per guadagnare la vista giusta, il giusto punto di osservazione dove si ottiene una pienezza, una completezza di vita e di esperienza che, scrive Stevens, resta inspiegabile. E questa si chiama "ispirazione".



Requiem per la parola

Giulio Mozzi


Gli scrittori non contano più nulla. Il complesso culturale-industriale li ha ridotti alla loro funzione minima: fornitori di testi. Ci sono i fornitori di carta, di inchiostro, di servizi redazionali, di immagini, eccetera: e ci sono i fornitori di testi, comunemente chiamati scrittori. D’altra parte, nemmeno i libri contano più nulla: il complesso culturale-industriale fa soldi con l’immaginario, il libro è solo uno dei tanti – e il meno economicamente rilevante –- tra i mezzi di promozione e distribuzione dell’immaginario. È evidente che se ci sono scrittori che sembrano contare qualcosa, se ci sono libri che sembrano contare qualcosa, questo è solo un effetto prodotto dal complesso culturale-industriale: che ha pur bisogno sia di colmare i bisogni di quel piccolo target costituito dai consumatori abituali di libri (distinti in "forti", "deboli" e "occasionali"), sia di tenere vivo quel mito dello scrittore che, permanendo nell’immaginario, ne tiene fuori la realtà degli scrittori.
Tutto male, dunque? No: tutto bene.
Ridotti a non contare più nulla, ridotti a fornitori di testi, ridotti alla condizione proletaria, gli scrittori hanno oggi la possibilità di essere semplicemente, e totalmente, e felicemente, scrittori. Poiché non contano più nulla, nessuno chiederà più loro di essere credibili, di farsi portatori di un nocciolo etico forte, di essere segno di contraddizione, di contrapporre dialetticamente lo splendore dei loro desideri al grigiore della realtà esistente: in sostanza, nessuno chiederà più loro di parlare a nome di altri che di loro stessi, della loro propria vita e del loro proprio stare nel mondo.
Certo: questa è l’euforia dell’apocalissi. Il sentirsi improvvisamente liberi perché tutto sta crollando, i palazzi e le catapecchie come le strutture sociali e gli interessi di mercato. Se ho perso tutto, chi può togliermi qualcosa? Se sono già morto, che paura ho di rischiare la vita? Se nessuno mi legge, perché mai usare prudenza nello scrivere? D’altra parte, questo sembra il tempo delle euforie. Ci sono le euforie dell’immaginario, le euforie del mercato, le euforie del consenso: e l’euforia dell’apocalisse, l’euforia che viene dal sentire che un tempo è finito, e forse ne viene un altro, purché si abbia voglia di attenderlo, non mi sembra, al confronto, spregevole.
Io non sono capace di distinguere la letteratura dalla profezia. Credo che lo scrittore sia, oggi, ciò che una volta si chiamava "profeta". Il profeta non è colui che prevede il futuro, non è colui che pretende di guidare le folle: il profeta è colui che, essendo competente in discorsi, vede il mondo com’è e non si lascia abbagliare e fuorviare dai discorsi; ed è colui che, avendo un dio, non teme il mondo. E che altro è lo scrittore, se non questo? È competente in discorsi – chi non lo è, se non lui – e finalmente oggi, essendo stato proletarizzato e ridotto a essere colui che parla solo a nome di sé stesso, ha scoperto di avere un dio. Lui stesso lo è.




La vita che ci cambia
Luca Doninelli



La domanda se abbia ancora senso, oggi, scrivere romanzi mi dà l’impressione di una domanda vecchia, di una domanda che fa parte ancora di un universo hegeliano, nel quale ogni elemento svolge (o non svolge) una funzione rispetto all’ineluttabile destino che governa la storia. Siamo molto più fatalisti di quanto immaginiamo, mentalmente prigionieri dell’irreversibilità (il più delle volte immaginaria) dei processi. In questo, i giornalisti ci sono maestri.
E’ come quando leggo certi romanzi degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, tutti intrisi di questioni del tipo «quale modello d’uomo si profila all’orizzonte?», oppure «che ne è dell’uomo dell’era post-atomica?», o anche «è ancora possibile un’etica dopo Auschwitz?». Questioni che appaiono capitali nel momento in cui vengono formulate, ma che in seguito si sgonfiano come palloncini a causa della loro astrazione.
L’uomo, dopo Hiroshima e dopo Auschwitz, semplicemente continua a vivere, continua a lavorare, amare, avere figli, e continua ad avere necessità di sapere perché vale la pena vivere e come trasmettere ai propri figli il senso di ciò che per lui è stato importante.
Un romanziere non è un individuo speciale. Non lo era quando si atteggiava a vate, non lo era quando era ridotto a funzionario di qualche linea politica, non lo è adesso. Non c’è niente, nel fatto di raccontare storie, che possa iscrivere il narratore in qualche albo spirituale di profeti, professionisti dello spirito e così via. E, va da sé, la possibilità di dire un sacco di sciocchezze è molto alta, sempre.
C’è, però, un fatto innegabile, e cioè che gli esempi sono molto più efficaci dei discorsi, e che una storia raccontata bene ha la possibilità di commuovere e far pensare molto più di una conferenza, perché ha il privilegio di poter mettere in primo piano le cose importanti in modo più diretto di qualsiasi altra arte.
I concetti astratti sono qualcosa di meraviglioso, ma il loro uso concreto è difficile. Il cinema ci affascina ma le immagini sono anche una specie di percorso obbligato (tant’è vero che il grande regista cerca sempre, in un modo o nell’altro, di oltrepassare il visibile).
Leggere storie è il modo più semplice per ritrovare pezzi magari oscuri della nostra vita: il fatto che qualcun altro li abbia vissuti e ce li comunichi attraverso una vicenda, un’atmosfera, o anche solo attraverso un aggettivo, fa parte del mistero della vita. In queste gallerie, in questi ponti che si stabiliscono tra persone, in questo percorso dall’io all’io sta, credo, una delle ragioni di esistenza dell’arte. Guai perciò a insistere troppo su discorsi del tipo "la narrativa è finita". Sono discorsi da irresponsabili, è un modo di tirare i remi in barca rispetto a una necessità che è di tutti, di chi scrive (o potrebbe scrivere) e di chi legge (o avrebbe bisogno di farlo).
Uno scrittore è senz’altro un educatore, auctor: lo voglia o no. Non perché si atteggia a maestro, ma perché le storie illuminano sempre qualcosa, fosse anche solo un pezzo di buio (a volte, in effetti, è proprio così).
La narrativa può darmi quanto di più "mio" si possa trovare al mondo. È un’arte vecchia di millenni, e in millenni ha probabilmente elaborato anticorpi migliori, seppur non infallibili, contro la tendenza dell’uomo (e dello scrittore) a mentire. Il fatto di dover raccontare bene un fatto ci obbliga a fare i conti con tutti i nostri luoghi comuni. Scrivere, insomma, è un’esperienza, è una vita. Possiamo vivere la più scialba delle esistenze, ma quando scriviamo siamo sempre invitati – non fosse altro che per la fatica fisica che lo scrivere comporta – a piegare il capo davanti all’ultima oggettività della vita.

mercoledì 22 febbraio 2006

il mistero di scrivere





Care voi, cari voi - per dirla come la direbbe lui (che visto che c'è pure mi perdonerà la citazione conscia) - domani parto per Reggio Calabria per partecipare al terzo convegno organizzato dalle amiche di Pietre di Scarto. Il programma lo trovate qui e qui.
Parlerò sempre di quello che la letteratura ditta dentro e della possibilità di scrivere con uno scolpasta.
Stiamo lavorando anche alla nuova BombaCarta...

il mistero di scrivere





Care voi, cari voi - per dirla come la direbbe lui (che visto che c'è pure mi perdonerà la citazione conscia) - domani parto per Reggio Calabria per partecipare al terzo convegno organizzato dalle amiche di Pietre di Scarto. Il programma lo trovate qui e qui.
Parlerò sempre di quello che la letteratura ditta dentro e della possibilità di scrivere con uno scolpasta.
Stiamo lavorando anche alla nuova BombaCarta...

domenica 19 febbraio 2006

dove sono gli americani?

riceviamo e pubblichiamo la nuova puntata del reportage
che lo scrittore Paolo Papotti periodicamente ci invia dagli States




Oggi e' un sabato unico per diversi motivi.
Prima di tutto, sulle colline intorno a San Jose c'e' la neve e in cielo un sole spettacolare. Quindi un bel panorama e temperature vicino allo zero. Che è piuttosto raro. Dovevo andare a Yosemite per una passeggiata sulla neve, ma la bufera sulla Sierra mi ha frenato.
Pazienza.
Poi mi sono alzato alle 7, di sabato. Per scrivere questa roba? No, il punto è che l'avventura della macchina ha preso una svolta a sorpresa.
Fino a pochi giorni fa ero sicuro di rottamarla. L'unica condizione per ottenere i 1000$, che il governator/terminator regala a chi rottama, è che la macchina non passi lo smog check. Ora, voi sapete che la mia macchina è più morta che viva, io ero (e sono tuttora) certo che non l'avrebbe mai passato. Quindi ho fatto l'application ed ero già pronto a festeggiare. Invece no, non va bene uno smog check qualsiasi (vedi fra poco per capire meglio), ma ci vuole lo smog check biennal, quello fatto ogni due anni. Quindi la mia macchina potrà essere rottamata fra pochi mesi, ma non ora, anche se consuma più olio motore che benzina (oh, fra 32 miglia con un gallone...e mezzo litro d'olio). Insomma, preso dalla delusione, mercoledì faccio un tentativo disperato. Proviamo a venderla. Metto l'annuncio su craiglist (il consolatore? il salvatore?), bella descrizione, onesta e precisa, e sparo 1200 dollari.
Non ci crederete ma ho ricevuto in poche ore 6 offerte e da allora almeno 25. Non richieste, ma vere e proprie offerte disperate in molti casi! Testi come "ho bisogno della tua macchina. no domande. ho 1200 bucks cash per te pronti.", "io e la mia bambina di 5 anni abbiamo bisogno della tua macchina. per favore vendila a noi", "ti offro 1250$ cash, la vengo a prendere stasera" e -il mio preferito- "ho bisogno di una macchina al più presto, quando posso vederla? Christine. Dio ti benedica" (seguiva citazione da San Paolo, lettera ai corinzi. Era la firma di default). C'è da notare che i primi 6 messaggi erano tutti da donne (o almeno nomi che mi sembravano di donne), non sapendo a chi dare retta rispondo per primo a una che mi aveva detto "sono francese, appena arrivato, se mi dici che posso passare cerco l'autobus per venire da te da sunnyvale stasera". Be', sunnyvale è tipo a 35 km dalla mia zona, il numero delle linee di autobus è sicuramente minore del numero di mall, e casa sua mi era di strada la sera stessa per andare a cena a Stanford (dove ho rimediato la mia seconda multa per divieto di sosta...), mi sento buono (ed entusiasta all'idea di vendere) e gli faccio "guarda, passo io da te così la vedi al volo".
Lì trovo due bei ragazzetti francesi, tipo ventenni, che devono fare un internship qui a Motorola. Perfetto, in pochi minuti provano la macchina, io copro i rumori sospetti con l'ottima musica dei cd di Valentina, e l'affare è fatto. C'è solo un problemino. Per vendere la macchina sei obbligato a fare lo smog check. Mica gli venderei la macchina che inquina, no? Ecco, quindi se lo smog check biennale non lo passi, puoi ritirarla. Se non passi questo qui (che è esattamente identico, stesso test, etc), niente. Quindi, eccomi qui, in un cafè dentro la libreria Barnes and Noble, mentre la mia macchina è sotto i ferri del meccanico abbastanza vicino a me e che offre i migliori coupon della zona. Piccola digressione: come molti sapranno questo è un paese guidato dai coupon. Sono ovunque, e tutti li usano in maniera spudorata per risparmiare anche un dollaro. E spesso i coupon sono molto complicati, sintomo che è proprio vero che sono un popolo giocoso e con un rapporto strano con i soldi: spendono felicemente per qualsiasi stronzata, ma se possono spendere convinti che stanno risparmiando (e se lo stanno meritando perché furbi) allora è pura goduria. Gli piace stare lì, trovare le combinazioni dove risparmi di più (è il tuo compleanno, porti un amico adulto e due bambini, fra le
12 e le 1230, nei giorni dispari, domenica esclusa e... tu non paghi e hai il gelato gratis per tutti!), gli piace ritagliarli e metterli da parte per l'occasione giusto (portafogli gonfi di coupon, gente che ne tira fuori mazzetti alla cassa per trovare quello buono), ce ne sono di tutti i tipi: risparmia il 15%, 2x1, fai l'affare, dona il 20% alla tua scuola o alla tua chiesa. Eh, qui devo fare la digressione nella digressione, se un americano leggesse questa roba mi ammazzerebbe (altra digressione, qui amano un diverso tipo di talk o discorso.
all'inizio devi dire dove andrai a parare, fare una sintesi, poi cominci ad argomentare. altrimenti non ti seguono, si perdono, si lamentano. e poi ci vuole ritmo, stai sempre a vendere qualcosa o a convincere che tu o la tua azienda siete i migliori etc etc).
Dicevamo, le donazioni. Io ho girato almeno una dozzina di chiese. In ogni chiesa c'è un volantino che non dice le letture del giorno (e io tiro ad indovinare se trovo un lettore con l'accento strano), ma le news parrocchiali e gli ads. Una pagina di organizzazione della chiesa, una e mezzo di news locali (che dovrei copiarvi per apprezzare davvero) e una pagina e mezzo di pubblicità.
Organizzazione: c'è tutto, dal Papa a chi pulisce le scale. Tutti con nomi fichi, tipo Executive manager pulizia scale.
News Locali: vai a cena da Chevy in XYX street (o altro ristorante bassa-media qualità) mercoledì tal dei tali e presenta il coupon rosa che trovi qui: la tua chiesa prenderà il 20% di quello che spendi! A me questa cosa fa impazzire, credo che dica tutto: la combinazione "consuma, mangia zozzo/giocoso, risparmia", buonismo, egoismo (fai cose buone per la TUA chiesa o la scuola dei TUOI figli, mica per gli africani morti di fame o chissachì). Così postmoderno che veramente ci rimango affascinato. Non vedo l'ora che arrivi in Italia.
Pubblicità: anche qui qualcosa di simile: supporta la tua comunità e la tua chiesa, vai dai nostri inserzionisti e digli che apprezzi il loro support alla chiesa! Quindi partono gli annunci su pompe funebri, prestiti, posti per mangiare e -immancabile- la stessa chiesa che ti propone di versare donazioni online, direttamente da casa quando vuoi!
Interessante vedere come cambiano il numero e la qualità degli annunci a seconda della chiesa specifica. Chiesa locale vicino zone messicane:
pagina mezza vuota, una taqueria, un fioraio. Chiesa principale di Stanford (l'università con più donazioni private del mondo): hotel Sheraton, cliniche, banche.

Eravamo al meccanico dove ho portato la macchina. Visto che è il più figo e scontato della zona è sempre pieno e -inspiegabilmente- non prende appuntamenti. Quindi il sabato è come all'IDI, ma senza numeretti. All'alba devi stare lì e sperare che non ci sia già troppa gente (apre alle 8 e alle 8.30 smettono di prendere macchine). Io, arrivato alle 7.45, ne avevo solo 4 davanti a me e quindi ora sono qui, aspettando che mi chiami da un momento all'altro per dirmi:
abbiamo cambiato l'olio e fatto lo smog check, ma la macchina non l'ha passato e servono tot dollari per provare a farglielo passare, che facciamo?
Ora, a parte la spada di Damocle sulla mia testa, stamattina ripensavo a quelli che ho incontrato dal meccanico. In fila, tutti stranieri:
messicani, asiatici, io. Alla cassa: messicani. Meccanici: messicani.
Questo mi ha ricordato la prima settimana che ero qui: nei ristoranti a servire e cucinare solo messicani e asiatici. Al lavoro: due greci, un argentino, un cileno/portoricano, un rumeno, un cinese, un taiwanese, un australiano, un canadese, un tedesco. La domanda che mi facevo è: ma dove sono gli americani?
Ecco, il sabato è stato spesso il giorno "stana gli americani".
In particolare, visto che sto finendo la batteria, vi racconto tre episodi (vi risparmio quelli più banali su gli americani al cinema, gli americani ai mercatini di natale e gli americani nei fast food).

Vicino al MOMA di San Francisco c'è questo mall gigante e hi-tech con dentro cinema, negozi fichi e tutto il resto. Entro a vedere e trovo una cosa che mi era sfuggita: la sala giochi. All'ingresso c'è lui, una vaga somiglianza a chuck norris, cappello militare, occhiali da tiro al piattello, anfibi e mimetica infilata dentro, sopra abbigliamento tecnico da tiro al bersaglio, guantini di pelle e posizione plastica mentre imbraccia il fucile. Dietro c'è la moglie e i due figli che fanno il tifo. Quello che mi ha lasciato senza parole non è stato che conosceva il videogioco a memoria e ammazzava nemici come niente, e neanche che non ha fatto entrare nel gioco un bambino per fare il doppio con lui. Capisco tutto, va bene tutto. Ma perché portare quella sorta di velo di cotone che copre il collo dal sole in una sala giochi non illuminata?
In fondo, nell'angolo appunto più buio, sono rimasto estasiato da un'altra visione. Avete mai visto quel gioco dove per terra ci sono dei grossi pulsanti da schiacciare con i piedi e davanti c'è uno schermo dove compare la sequenza di frecce che indicano i passi che vanno fatti a tempo di musica? Ecco, io tipo 3 e mezzo fa c'ho provato e riuscivamo a malapena a seguire le indicazioni per balli tipo tango o forse qualcosa di ancora più lento. I bambini invece volavano. Un manipolo, vesti da giovani rapper, attrezzati di liquido per pulire con tanto di spruzzetto, stracci e salviettine, avevano preso possesso dell'angolo e sembravano stare lì da giorni. Contro il muro una cinesina che avrà avuto 12 anni intanto ripassava la sequenza di frecce sul computer (avevo lo stesso programma del cabinet sul portatile e studiava con le dita la sequenza folle di passi velocissimi che poi facevano live!). Sullo schermo era tutto una sequenza di "perfect, perfect, perfect" nonostante i ritmi folli e i passi complicatissimi (doppio passo dx/sx, avanti e dietro insieme, due avanti, sx/dx insieme, 4 dietro: tutto questo in tipo due secondi!). Avrei voluto intervistarli, chiedergli se andavano anche a scuola o facevano quello full time, se volevano venire con me in tournee in europa. Ma quelli manco mi hanno visto, il moretto ha finito il gioco e neanche ha scritto il nome sui record.

Un altro sabato ho comprato una pistola. Sono entrato nel negozio vicino casaStrange e ho detto che non mi sentivo sicuro a casa (ci credo, con lo strange a piede libero): lei, signor negoziante di armi col cappello da cowboy, cosa mi consiglia? Lui, senza neanche guardami in faccia: corta o lunga? Mah, mi dica lei, è la mia prima arma. Alzo gli occhi. Ad altezza uomo muri ricoperti da fucili, sotto tavoli di vetro con pistole, sopra tutto intorno teste di cervi e daini. Ma io dico, ma voi per caccia ammazzate i daini e ve ne vantate pure mettendoli imbalsamati nel negozio? Very challenging, complimenti, mi avete quasi fatto venire stima per mio zio che almeno va a caccia di cinghiali (sempre impari e discutibile, ma i daini mentre ti attraversano la strada li ammazzo pure io con la macchina...). Due ragazzi stavano comprando un fucile puntandolo (scarico, credo) verso di me. Il tipo torna con una pistola, tipo colt. La prendo in mano.
Neanche troppo pesante. Chiedo qualcosa sulle munizioni, ne tira fuori un pacco, grosso. Gli faccio, ma c'è un posto dove posso provarla?
Mah, se non vuole prenderla subito può andare a hfujhsgd (non ho capito niente) e fare una lezione, ne prova alcune e vede quale le piace di più. Mhh, non so, gli faccio, per prenderla subito basta il mio passaporto? Beh, non ha la green card? Well, mia moglie la ha, bluffo. Allora basta che porta la green card di sua moglie ed è sua.
Quelli a fianco a me intanto comprano il fucile mostrando la patente.
Guardo la colt e penso allo strange la sera prima che girava per casa senza niente da fare e guardandomi strano. Magari, se gli dico che la green card gliela porto domani, la colt me la dà subito lo stesso.

Oggi, vagando a piedi per i mall deserti alle 8.30 di sabato mattina (se mi fossi anche acceso una sigaretta la polizia mi avrebbe fermato sicuramente), ho scoperto che dietro alla libreria e prima del supermercato preferito (Trader's Joe, tanta roba healthy e niente coupon) c'è un centro dell'esercito per iscriversi ai Marine, Air Force, etc. Pancia in dentro, petto in fuori, ho aggiustato la giacca e ho provato ad entrare. Purtroppo era chiuso. Peccato, volevo vedere se le storie che ho letto su ilManifesto sono vere (tipo che ti dicono come ripulirti il sangue dalle canne per passare i test di ammissione). Però ho rimediato il calendario 2006 che regalavano fuori. In copertina c'è una marine giovane giovane in divisa, piegato per abbeverare un cucciolo di pastore tedesco versandosi l'acqua sulla mano da una bottiglietta. Dentro ci sono 12 mesi a quadrettoni blu su sfondo bianco con tutti gli anniversari militari (Pearl Harbor Remembrance Day, Veterans Day, Air Force 59th anniversary...) e una cartina dell'America. Dietro c'è una ufficiala in divisa, accovacciata con un portatile sulle ginocchia che guarda tutta tesa fuori dall'obiettivo. Non mi hanno proprio convinto, se devo ancora aspettare la macchina a lungo magari ci ripasso e sento quanto mi offrono.

Ok, vi lascio con una foto della costa e tre foto dal capodanno cinese. E' iniziato che non si riusciva a vedere la strada e la gente che ci faceva le spiate alla polizia per non farci scavalcare un muretto. E' finita che dopo QUATTRO ore di parata, fingendomi fotografo ufficiale, sono riuscito a infilarmi sotto l'attrazione finale: 100 men dragon. A momenti ci rimango a causa di un trick e track gigante che mi è esploso proprio sotto i piedi, ma credo ne sia valsa la pena :)

Buon weekend e a presto, carnevale e quaresima si avvicinano, vedremo se succede qualcosa di interessante!


Paolo

esplosive e rimbombanti novità

Prende quota anche nell'incorporeo mondo che ci ha unito la nuova BombaCarta, nata con la nascita della Federazione che raggruppa gente ed esperienze di tutta Italia che condividono il Manifesto e la stessa visione di massima su quello che la letteratura ditta dentro.

Il sito della federazione è cresciuto, nuova grafica, introduzione concreta a quello che sarà il grande salto, una piazza virtuale che cercherà di ricreare la polifonia che è il nostro punto di forza: il nuovo sito è stato realizzato da Cristiano Gaston che si sta impegnando anima e corpo per questo progetto.

Tutto ebbe inizio con una poesia incisa in un cassetto a credere alla leggenda che apre il manifesto. Da quella poesia nacque BombaCarta. Ieri è stato eletto il nuovo consiglio direttivo dell'Associazione BombaCarta di Roma. E ci sono anch'io:



VOTANTI: 34 su 48

RISULTATI:

Antonio SPADARO: 32 voti
Andrea MONDA: 30 voti
Cristiano GASTON: 23 voti
Stas GAWRONSKI: 22 voti
Saverio SIMONELLI: 15 voti
Michela CARPI: 15 voti
Domenico DI TULLIO: 14 voti
Cecilia PANDOLFI: 14 voti
Tonino PINTACUDA: 8 voti

Marco Marincola: 7 voti
Angelo Leva: 6 voti
Massimiliano Pietroni: 2 voti

dove sono gli americani?

riceviamo e pubblichiamo la nuova puntata del reportage
che lo scrittore Paolo Papotti periodicamente ci invia dagli States




Oggi e' un sabato unico per diversi motivi.
Prima di tutto, sulle colline intorno a San Jose c'e' la neve e in cielo un sole spettacolare. Quindi un bel panorama e temperature vicino allo zero. Che è piuttosto raro. Dovevo andare a Yosemite per una passeggiata sulla neve, ma la bufera sulla Sierra mi ha frenato.
Pazienza.
Poi mi sono alzato alle 7, di sabato. Per scrivere questa roba? No, il punto è che l'avventura della macchina ha preso una svolta a sorpresa.
Fino a pochi giorni fa ero sicuro di rottamarla. L'unica condizione per ottenere i 1000$, che il governator/terminator regala a chi rottama, è che la macchina non passi lo smog check. Ora, voi sapete che la mia macchina è più morta che viva, io ero (e sono tuttora) certo che non l'avrebbe mai passato. Quindi ho fatto l'application ed ero già pronto a festeggiare. Invece no, non va bene uno smog check qualsiasi (vedi fra poco per capire meglio), ma ci vuole lo smog check biennal, quello fatto ogni due anni. Quindi la mia macchina potrà essere rottamata fra pochi mesi, ma non ora, anche se consuma più olio motore che benzina (oh, fra 32 miglia con un gallone...e mezzo litro d'olio). Insomma, preso dalla delusione, mercoledì faccio un tentativo disperato. Proviamo a venderla. Metto l'annuncio su craiglist (il consolatore? il salvatore?), bella descrizione, onesta e precisa, e sparo 1200 dollari.
Non ci crederete ma ho ricevuto in poche ore 6 offerte e da allora almeno 25. Non richieste, ma vere e proprie offerte disperate in molti casi! Testi come "ho bisogno della tua macchina. no domande. ho 1200 bucks cash per te pronti.", "io e la mia bambina di 5 anni abbiamo bisogno della tua macchina. per favore vendila a noi", "ti offro 1250$ cash, la vengo a prendere stasera" e -il mio preferito- "ho bisogno di una macchina al più presto, quando posso vederla? Christine. Dio ti benedica" (seguiva citazione da San Paolo, lettera ai corinzi. Era la firma di default). C'è da notare che i primi 6 messaggi erano tutti da donne (o almeno nomi che mi sembravano di donne), non sapendo a chi dare retta rispondo per primo a una che mi aveva detto "sono francese, appena arrivato, se mi dici che posso passare cerco l'autobus per venire da te da sunnyvale stasera". Be', sunnyvale è tipo a 35 km dalla mia zona, il numero delle linee di autobus è sicuramente minore del numero di mall, e casa sua mi era di strada la sera stessa per andare a cena a Stanford (dove ho rimediato la mia seconda multa per divieto di sosta...), mi sento buono (ed entusiasta all'idea di vendere) e gli faccio "guarda, passo io da te così la vedi al volo".
Lì trovo due bei ragazzetti francesi, tipo ventenni, che devono fare un internship qui a Motorola. Perfetto, in pochi minuti provano la macchina, io copro i rumori sospetti con l'ottima musica dei cd di Valentina, e l'affare è fatto. C'è solo un problemino. Per vendere la macchina sei obbligato a fare lo smog check. Mica gli venderei la macchina che inquina, no? Ecco, quindi se lo smog check biennale non lo passi, puoi ritirarla. Se non passi questo qui (che è esattamente identico, stesso test, etc), niente. Quindi, eccomi qui, in un cafè dentro la libreria Barnes and Noble, mentre la mia macchina è sotto i ferri del meccanico abbastanza vicino a me e che offre i migliori coupon della zona. Piccola digressione: come molti sapranno questo è un paese guidato dai coupon. Sono ovunque, e tutti li usano in maniera spudorata per risparmiare anche un dollaro. E spesso i coupon sono molto complicati, sintomo che è proprio vero che sono un popolo giocoso e con un rapporto strano con i soldi: spendono felicemente per qualsiasi stronzata, ma se possono spendere convinti che stanno risparmiando (e se lo stanno meritando perché furbi) allora è pura goduria. Gli piace stare lì, trovare le combinazioni dove risparmi di più (è il tuo compleanno, porti un amico adulto e due bambini, fra le
12 e le 1230, nei giorni dispari, domenica esclusa e... tu non paghi e hai il gelato gratis per tutti!), gli piace ritagliarli e metterli da parte per l'occasione giusto (portafogli gonfi di coupon, gente che ne tira fuori mazzetti alla cassa per trovare quello buono), ce ne sono di tutti i tipi: risparmia il 15%, 2x1, fai l'affare, dona il 20% alla tua scuola o alla tua chiesa. Eh, qui devo fare la digressione nella digressione, se un americano leggesse questa roba mi ammazzerebbe (altra digressione, qui amano un diverso tipo di talk o discorso.
all'inizio devi dire dove andrai a parare, fare una sintesi, poi cominci ad argomentare. altrimenti non ti seguono, si perdono, si lamentano. e poi ci vuole ritmo, stai sempre a vendere qualcosa o a convincere che tu o la tua azienda siete i migliori etc etc).
Dicevamo, le donazioni. Io ho girato almeno una dozzina di chiese. In ogni chiesa c'è un volantino che non dice le letture del giorno (e io tiro ad indovinare se trovo un lettore con l'accento strano), ma le news parrocchiali e gli ads. Una pagina di organizzazione della chiesa, una e mezzo di news locali (che dovrei copiarvi per apprezzare davvero) e una pagina e mezzo di pubblicità.
Organizzazione: c'è tutto, dal Papa a chi pulisce le scale. Tutti con nomi fichi, tipo Executive manager pulizia scale.
News Locali: vai a cena da Chevy in XYX street (o altro ristorante bassa-media qualità) mercoledì tal dei tali e presenta il coupon rosa che trovi qui: la tua chiesa prenderà il 20% di quello che spendi! A me questa cosa fa impazzire, credo che dica tutto: la combinazione "consuma, mangia zozzo/giocoso, risparmia", buonismo, egoismo (fai cose buone per la TUA chiesa o la scuola dei TUOI figli, mica per gli africani morti di fame o chissachì). Così postmoderno che veramente ci rimango affascinato. Non vedo l'ora che arrivi in Italia.
Pubblicità: anche qui qualcosa di simile: supporta la tua comunità e la tua chiesa, vai dai nostri inserzionisti e digli che apprezzi il loro support alla chiesa! Quindi partono gli annunci su pompe funebri, prestiti, posti per mangiare e -immancabile- la stessa chiesa che ti propone di versare donazioni online, direttamente da casa quando vuoi!
Interessante vedere come cambiano il numero e la qualità degli annunci a seconda della chiesa specifica. Chiesa locale vicino zone messicane:
pagina mezza vuota, una taqueria, un fioraio. Chiesa principale di Stanford (l'università con più donazioni private del mondo): hotel Sheraton, cliniche, banche.

Eravamo al meccanico dove ho portato la macchina. Visto che è il più figo e scontato della zona è sempre pieno e -inspiegabilmente- non prende appuntamenti. Quindi il sabato è come all'IDI, ma senza numeretti. All'alba devi stare lì e sperare che non ci sia già troppa gente (apre alle 8 e alle 8.30 smettono di prendere macchine). Io, arrivato alle 7.45, ne avevo solo 4 davanti a me e quindi ora sono qui, aspettando che mi chiami da un momento all'altro per dirmi:
abbiamo cambiato l'olio e fatto lo smog check, ma la macchina non l'ha passato e servono tot dollari per provare a farglielo passare, che facciamo?
Ora, a parte la spada di Damocle sulla mia testa, stamattina ripensavo a quelli che ho incontrato dal meccanico. In fila, tutti stranieri:
messicani, asiatici, io. Alla cassa: messicani. Meccanici: messicani.
Questo mi ha ricordato la prima settimana che ero qui: nei ristoranti a servire e cucinare solo messicani e asiatici. Al lavoro: due greci, un argentino, un cileno/portoricano, un rumeno, un cinese, un taiwanese, un australiano, un canadese, un tedesco. La domanda che mi facevo è: ma dove sono gli americani?
Ecco, il sabato è stato spesso il giorno "stana gli americani".
In particolare, visto che sto finendo la batteria, vi racconto tre episodi (vi risparmio quelli più banali su gli americani al cinema, gli americani ai mercatini di natale e gli americani nei fast food).

Vicino al MOMA di San Francisco c'è questo mall gigante e hi-tech con dentro cinema, negozi fichi e tutto il resto. Entro a vedere e trovo una cosa che mi era sfuggita: la sala giochi. All'ingresso c'è lui, una vaga somiglianza a chuck norris, cappello militare, occhiali da tiro al piattello, anfibi e mimetica infilata dentro, sopra abbigliamento tecnico da tiro al bersaglio, guantini di pelle e posizione plastica mentre imbraccia il fucile. Dietro c'è la moglie e i due figli che fanno il tifo. Quello che mi ha lasciato senza parole non è stato che conosceva il videogioco a memoria e ammazzava nemici come niente, e neanche che non ha fatto entrare nel gioco un bambino per fare il doppio con lui. Capisco tutto, va bene tutto. Ma perché portare quella sorta di velo di cotone che copre il collo dal sole in una sala giochi non illuminata?
In fondo, nell'angolo appunto più buio, sono rimasto estasiato da un'altra visione. Avete mai visto quel gioco dove per terra ci sono dei grossi pulsanti da schiacciare con i piedi e davanti c'è uno schermo dove compare la sequenza di frecce che indicano i passi che vanno fatti a tempo di musica? Ecco, io tipo 3 e mezzo fa c'ho provato e riuscivamo a malapena a seguire le indicazioni per balli tipo tango o forse qualcosa di ancora più lento. I bambini invece volavano. Un manipolo, vesti da giovani rapper, attrezzati di liquido per pulire con tanto di spruzzetto, stracci e salviettine, avevano preso possesso dell'angolo e sembravano stare lì da giorni. Contro il muro una cinesina che avrà avuto 12 anni intanto ripassava la sequenza di frecce sul computer (avevo lo stesso programma del cabinet sul portatile e studiava con le dita la sequenza folle di passi velocissimi che poi facevano live!). Sullo schermo era tutto una sequenza di "perfect, perfect, perfect" nonostante i ritmi folli e i passi complicatissimi (doppio passo dx/sx, avanti e dietro insieme, due avanti, sx/dx insieme, 4 dietro: tutto questo in tipo due secondi!). Avrei voluto intervistarli, chiedergli se andavano anche a scuola o facevano quello full time, se volevano venire con me in tournee in europa. Ma quelli manco mi hanno visto, il moretto ha finito il gioco e neanche ha scritto il nome sui record.

Un altro sabato ho comprato una pistola. Sono entrato nel negozio vicino casaStrange e ho detto che non mi sentivo sicuro a casa (ci credo, con lo strange a piede libero): lei, signor negoziante di armi col cappello da cowboy, cosa mi consiglia? Lui, senza neanche guardami in faccia: corta o lunga? Mah, mi dica lei, è la mia prima arma. Alzo gli occhi. Ad altezza uomo muri ricoperti da fucili, sotto tavoli di vetro con pistole, sopra tutto intorno teste di cervi e daini. Ma io dico, ma voi per caccia ammazzate i daini e ve ne vantate pure mettendoli imbalsamati nel negozio? Very challenging, complimenti, mi avete quasi fatto venire stima per mio zio che almeno va a caccia di cinghiali (sempre impari e discutibile, ma i daini mentre ti attraversano la strada li ammazzo pure io con la macchina...). Due ragazzi stavano comprando un fucile puntandolo (scarico, credo) verso di me. Il tipo torna con una pistola, tipo colt. La prendo in mano.
Neanche troppo pesante. Chiedo qualcosa sulle munizioni, ne tira fuori un pacco, grosso. Gli faccio, ma c'è un posto dove posso provarla?
Mah, se non vuole prenderla subito può andare a hfujhsgd (non ho capito niente) e fare una lezione, ne prova alcune e vede quale le piace di più. Mhh, non so, gli faccio, per prenderla subito basta il mio passaporto? Beh, non ha la green card? Well, mia moglie la ha, bluffo. Allora basta che porta la green card di sua moglie ed è sua.
Quelli a fianco a me intanto comprano il fucile mostrando la patente.
Guardo la colt e penso allo strange la sera prima che girava per casa senza niente da fare e guardandomi strano. Magari, se gli dico che la green card gliela porto domani, la colt me la dà subito lo stesso.

Oggi, vagando a piedi per i mall deserti alle 8.30 di sabato mattina (se mi fossi anche acceso una sigaretta la polizia mi avrebbe fermato sicuramente), ho scoperto che dietro alla libreria e prima del supermercato preferito (Trader's Joe, tanta roba healthy e niente coupon) c'è un centro dell'esercito per iscriversi ai Marine, Air Force, etc. Pancia in dentro, petto in fuori, ho aggiustato la giacca e ho provato ad entrare. Purtroppo era chiuso. Peccato, volevo vedere se le storie che ho letto su ilManifesto sono vere (tipo che ti dicono come ripulirti il sangue dalle canne per passare i test di ammissione). Però ho rimediato il calendario 2006 che regalavano fuori. In copertina c'è una marine giovane giovane in divisa, piegato per abbeverare un cucciolo di pastore tedesco versandosi l'acqua sulla mano da una bottiglietta. Dentro ci sono 12 mesi a quadrettoni blu su sfondo bianco con tutti gli anniversari militari (Pearl Harbor Remembrance Day, Veterans Day, Air Force 59th anniversary...) e una cartina dell'America. Dietro c'è una ufficiala in divisa, accovacciata con un portatile sulle ginocchia che guarda tutta tesa fuori dall'obiettivo. Non mi hanno proprio convinto, se devo ancora aspettare la macchina a lungo magari ci ripasso e sento quanto mi offrono.

Ok, vi lascio con una foto della costa e tre foto dal capodanno cinese. E' iniziato che non si riusciva a vedere la strada e la gente che ci faceva le spiate alla polizia per non farci scavalcare un muretto. E' finita che dopo QUATTRO ore di parata, fingendomi fotografo ufficiale, sono riuscito a infilarmi sotto l'attrazione finale: 100 men dragon. A momenti ci rimango a causa di un trick e track gigante che mi è esploso proprio sotto i piedi, ma credo ne sia valsa la pena :)

Buon weekend e a presto, carnevale e quaresima si avvicinano, vedremo se succede qualcosa di interessante!


Paolo

esplosive e rimbombanti novità

Prende quota anche nell'incorporeo mondo che ci ha unito la nuova BombaCarta, nata con la nascita della Federazione che raggruppa gente ed esperienze di tutta Italia che condividono il Manifesto e la stessa visione di massima su quello che la letteratura ditta dentro.

Il sito della federazione è cresciuto, nuova grafica, introduzione concreta a quello che sarà il grande salto, una piazza virtuale che cercherà di ricreare la polifonia che è il nostro punto di forza: il nuovo sito è stato realizzato da Cristiano Gaston che si sta impegnando anima e corpo per questo progetto.

Tutto ebbe inizio con una poesia incisa in un cassetto a credere alla leggenda che apre il manifesto. Da quella poesia nacque BombaCarta. Ieri è stato eletto il nuovo consiglio direttivo dell'Associazione BombaCarta di Roma. E ci sono anch'io:



VOTANTI: 34 su 48

RISULTATI:

Antonio SPADARO: 32 voti
Andrea MONDA: 30 voti
Cristiano GASTON: 23 voti
Stas GAWRONSKI: 22 voti
Saverio SIMONELLI: 15 voti
Michela CARPI: 15 voti
Domenico DI TULLIO: 14 voti
Cecilia PANDOLFI: 14 voti
Tonino PINTACUDA: 8 voti

Marco Marincola: 7 voti
Angelo Leva: 6 voti
Massimiliano Pietroni: 2 voti

giovedì 16 febbraio 2006

riscoprendo autori dimenticati

riceviamo e pubblichiamo

Gli amici di Oblomov

Associazione culturale



Martedì 21 febbraio, ore 21.00
Parco letterario Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Vicolo della Neve all'Alloro - PALERMO


Incontro di lettura dedicato agli autori misconosciuti, sottovalutati, dimenticati.
Siete invitati a portare e leggere un breve brano di uno scrittore di qualsiasi tempo e paese che a vostro avviso meriti più attenzione di quanta non ne abbia suscitata.
Se porterete anche qualche fotocopia del brano sarete seguiti meglio, se volete solo ascoltare siete lo stesso i benvenuti.

riscoprendo autori dimenticati

riceviamo e pubblichiamo

Gli amici di Oblomov

Associazione culturale



Martedì 21 febbraio, ore 21.00
Parco letterario Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Vicolo della Neve all'Alloro - PALERMO


Incontro di lettura dedicato agli autori misconosciuti, sottovalutati, dimenticati.
Siete invitati a portare e leggere un breve brano di uno scrittore di qualsiasi tempo e paese che a vostro avviso meriti più attenzione di quanta non ne abbia suscitata.
Se porterete anche qualche fotocopia del brano sarete seguiti meglio, se volete solo ascoltare siete lo stesso i benvenuti.

mercoledì 15 febbraio 2006

Dante e i papi

riceviamo e pubblichiamo



Il Pontificio Consiglio della Cultura, il Centro Humanitas dell'Università LUMSA di Roma ed il Centro Dantesco dei Frati Minori Conventuali di Ravenna hanno organizzato una Giornata di Studi Danteschi che ha come tema Altissimi cantus. Dante e i Papi.

Una riflessione a 40 anni dalla Lettera Apostolica di Paolo VI, e che si svolgerà, secondo l'allegato programma, il prossimo 22 febbraio 2006, nell'Aula Magna della LUMSA, Borgo Sant'Angelo, 13.

E' prevista una Tavola rotonda in cui ci si interrogherà sul "futuro di Dante" nella nostra cultura.
La Giornata di Studi si concluderà, presso la Chiesa di Sant'Agnese a Piazza Navona, con le Letture Dantesche sul tema, introdotte dalla Prof. Rebecchini e proclamate dalla Vincitrice dell'edizione 2005 del Premio "Il lauro dantesco", Francesca Sara Toich.

Inoltre il Centro Dantesco di Ravenna ha commissionato all'artista pavese Angelo Grilli una medaglia commemorativa, vera e propria scultura in miniatura, il cui primo esemplare in argento è stato donato a Sua Santità Papa Benedetto XVI.

Per informazioni: Pontificio Consiglio della Cultura, tel. 06.69893811 - E-mail: cultura@cultr.va

della scrittura puoi farne a meno

Io non ho mai partecipato ad un laboratorio di scrittura, mai.

E non ho mai capito se questo sia stato una pecca o una fortuna; e non lo dico in generale, ma lo dico per come sono, io per l'uomo che sono. Forse perchè sono vissuto in un paesino piccolo, e miei amici pensavano che lo scrivere, il leggere e tutto il resto contavano meno di zero, forse per questo motivo non ho mai sentito l'esigenza di fare il laboratorio di scrittura: il mio laboratorio ce l'avevo davanti agli occhi sempre erano i gesti delle persone, che per me diventavano insegnamenti, parole, modi di fare.

per quello che sono, fatico a pensare che qualsiasi laboratorio mi possa dare di più di Giovanni, marinaio nelle navi da crociera, ucciso da un infarto in piazza. O di Bepi, prigioniero in Libia, che ha letto solo due libri la commedia e la vita nova, ma li sa a memoria, e fa dei cut up che vi assicuro sono stupefacenti.

Ecco.
Non voglio dire che i laboratori di scrittura non servano, che sarebbe meglio non andare, sarei matto, sarei anche un po' superbo e non lo sono.
dico che a me non sarebbe servito.
dico che a me non serve ora.

forse qualche anno fa, quando ho deciso che non avrei scritto più una riga e per 3 anni ce l'ho fatta.
nessuna cosa scritta. solo quello che mi veniva chiesto per lavoro, ma niente di più.

se ci penso quella fu la mia scuola imparare a fare a meno della scrittura e capire che tutto sommato si poteva vivere uguale, che il demone che hai dentro non è lo scrivere, ma qualcosa di ben più fondo e inconoscibile, che la scrittura è un mezzo, un medium come un altro.
anzi è un'azione: proprio come il sesso, come il mangiare, come lo sparare un colpo di pistola contro un animale o un uomo, come incidersi, come desiderare incisioni.
sono azioni, ma dietro, beh dietro c'è il proprio demone, ognuno il suo.

forse un laboratorio dovrebbe insegnarti che della scrittura puoi farne a meno, ma mi sa che questo nessuno te lo insegna.



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