Sono diventato padre a undici anni, lo stesso anno di Jurassic Park che non ho visto quell’anno perché ero troppo attento a nascondermi sotto il giubbotto a jeans con mia madre e mia sorella che me l’avrebbero ricordato per una dozzina d’anni.
Lo stesso anno del T-Rex ero andato a vedermi Hook, la favola di Spielberg che s’immagina Peter Pan cresciuto, imbolsito, padre di due marmocchi. Alla fine il monello e la sua ombra sono cresciuti, hanno dimenticato la strada per l’Isola che non c’è e i bimbi sperduti. Capitan Uncino gli rapisce i figli perché vuole la sua vendetta, vuole vendicarsi per la sua mano data in pasto all’alligatore. Peter ritorna all’isola, non crede ancora di essere il ragazzo che non voleva crescere mai, alla fine ritorna a volare, il suo pensiero felice sono proprio i suoi figli, E qui sono diventato padre pure io. Pure io voglio abbracciare un frugoletto e volare felice.
Perché mio padre non s’è più ripreso dopo la nascita di mia sorella che l’ha fatto padre e gli ha tolto il senno. Nei quotidiani screzi che capitano tra padre e figli distanti quarant’anni, guardo mio padre e lo percepisco chiaro che gli piacerebbe risolvere quel momento intagliandomi uno spadino di legno come quand’ero piccolo.
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