venerdì 7 luglio 2006

Presente | Futuro

I quattro spettacoli oggetto delle seguenti relazioni appartengono tutti alla rassegna “PRESENTE/FUTURO: rassegna teatrale di artisti che vivono e lavorano in Sicilia”, tenutasi presso il Teatro Libero di Palermo dal 19 al 28 maggio 2006.


          LA CROCE
          testo e regia Agata Motta
          con Sabrina Petyx e Giuseppe Sangiorgi
          musiche originali Giuseppe Milici
          Ideazione scenica e costumi Agata Motta
          prod. AGAMO – PALERMO
          in collaborazione con M’ARTE movimenti d’arte
      

          La scena si apre su uno spazio chiuso e sconvolto, cataste di libri giacciono abbandonate, simbolo di una realtà scolastica non solo superata nel tempo dei due protagonisti ma esplosa in sé stessa nel tempo della nostra contemporaneità, luogo di non-comunicazione più che di comunicazione e di crescita.

          Due sono i protagonisti, uno studente “a rischio”  e una professoressa figlia della buona società. Attraverso i ricordi del ragazzo, che si trova in prigione, intervallati dal punto di vista della professoressa, emerge una realtà di insofferenza e quotidiana tensione, cui invano la docente tenta di porre un argine, di fronte a sé stessa prima che di fronte alla classe, ricorrendo agli strumenti della pedagogia.

          Pian piano un’altra verità s’impone da ciò che tra i due rimane taciuto: una piaga comune che li condanna alla medesima croce, l’assenza della madre e un rapporto con il padre in entrambi i casi sbagliato. Segnato dal dogma della perfezione per la professoressa, dalla violenza fisica e psicologica per il ragazzo cosicchè entrambi sono destinati alla sconfitta, entrambi falliscono la loro esistenza e la concludono in un luogo chiuso, una prigione e una casa di cura sinonimi dell’esclusione sociale.

          La croce del titolo allude alla sofferenza di una condanna, in fondo senza colpe, espiata giorno per giorno dal ragazzo, uccellino cui è stata rotta l’ala che diviene carnefice a sua volta, e dalla professoressa stessa, madre-vicaria ma senza le parole che sa dire una mamma.


 


           OPERA MORTA
          da Pirandello e Pitrè
          di Domenico Cucinotta e Mariapia Rizzo
          regia Domenico Cucinotta
          con Simona Agostani, Mauro Cavarra, Barbara Cucinotta, Maria Grazia Pafumi,
          Cristina Minasi, Mariapia Rizzo, Maria Ruggeri, Roberto Turiamo
          TEATRO DEI NAVIGANTI – MESSINA


          Come le Über-Marionette di Craig, gli attori si presentano sulla scena pendendo da un palchetto di marionette, pendono senza vita sino a quando una bambina che ricorda il personaggio di Crotone dei Giganti della Montagna li risveglia dal sonno in cui giacciono.

          Pieno di Sicilia questo spettacolo che attinge sapientemente da Pitré e da Pirandello, miscelando tutto in un godibilissimo pastiche. Perfino il cunto de li cunti rivive, nella narrazione in cui si susseguono personaggi-maschera tra cui spicca il lampionaio, poeticissimo personaggio che trova la moglie che si concede nottetempo col politico di turno. E poi anche il figlio cambiato, il babbo del paese che trova il tesoro e i diavoli che non lasciano dormire il ciabattino.

          Un crescendo onirico che incanta, uno spettacolo fatto di voci e canti della tradizione popolare, le storie si confondono, la memoria si colora d’oblio nella notte senza luna. Sino a quando il pirandelliano Ciaula scopre nuovamente quella luna che lo incanta per sempre e noi con lui.

          Ma la luna s’oscura e prontamente le maschere tornano alla posizione di partenza e i due sipari, quello del teatro e quello del teatrino si chiudono lasciandoci invischiati come in un velo lattiginoso, come d’un sogno che resta chiaro solo fino al primissimo mattino. Il percorso di ricerca sulla cultura tradizionale che sta alla base del progetto è stato fruttuoso.


 

      

          la primavera siciliana di e con Sayoko Onischi
          Voce Rossana Filippone Ramya dei Nucleaarte
          Maschera e Costume Mity Manzella
          Editing Antonio Leto
          Collaborazione con Hironobu Oikawa
          Associazione Siciliana Danza - PALERMO
    


          Sayoko Onischi incanta e rapisce, la scena s’apre con lei di schiena, almeno così intuiamo anche se il saio e la maschera bifronte ci fanno dubitare che davanti e dietro siano realmente tali. Il titolo segna la strada e ci aiuta a decodificare, operazione sempre rischiosa quando ci si confronta con i frutti di Tersicore. M’arrischio a interpretare i movimenti irreali del novello Giano bifronte sul palco, che si denuda sino a mostrarci il corpo guizzante della protagonista, le sue scapole si muovono in una maniera difficilmente esprimibile con le parole, in modo quasi ipnotico. I suoi passi tagliano il palco, le luci disegnano la spina dorsale e quella maschera atterrisce da qualsiasi lato la si guardi. Primavera siciliana? La primavera cangiante modifica l’ego, per sua stessa ammissione dell’Onishi, una discrasia tra le due anime che dicotomicamente convivono in ognuno di noi. Il resto sono solo parole, parole inutili.


 


           Mari
          di Tino Caspanello
          con Tino Caspanello e Cinzia Muscolino
          elaborazione del suono Giovanni Renzo
          assistente alla regia Andrea Trimarchi
          scena e regia Tino Caspanello
          compagnia Teatrale Pubblico Incanto / Ass. Culturale Solaris – MESSINA
      


          Per quei casi del destino che spesso ci abbagliano, ho visto questo spettacolo lo stesso giorno che nella lettura di Horcynus Orca, capolavoro sicilianissimo di D’Arrigo, incontravo Ciccina Circé. E proprio a Ciccina Circé e all’incontro con Ndrja m’ha fatto pensare l’atmosfera di questi mari di Tino Caspanello.

          Sulle rive di quello stretto di mare, calmo nella notte senza luna, il marito pesca nella quotidiana lotta con la fame e la donna viene a trovarlo, restia a tornare nella casa troppo vuota quando il maschio non c’è. Il mare sulla battigia segna il ritmo lento e costante di questo dialogo tra uomo e donna, sarebbe troppo facile questionare sull’archetipo del dialogo tra il principio maschile e quello femminile, uniti simbioticamente proprio su quel mare che è anche liquido amniotico.

          Lui tiene la lenza, “conzata” per pescare qualcosa che non sia la minutaglia di sarde e alici, qualcosa che riempia le tasche e quindi anche le pance, per rifiutare con quella dignità propria di chi lotta per sopravvivere la pietà degli altri incarnata nell’ennesimo uovo regalato da chi se la passa meglio.

          Il mare separa e unisce la terra agli oceani, fa lo stesso con questo marito e questa moglie che nella notte senza luna si ritrovano assieme a confidarsi quei piccoli gesti che fanno tale la coppia, far finta di dormire per spiarsi, aspettare svegli l’altro, sentire il respiro ingrossarsi e farsi sonno e poi di nuovo veglia, la lingua dei due attori è volutamente cantilenante, segue la voce di quel mare che tutto sa e tutto copre e scopre. Proprio come quel mare di vita e morte che è il vero protagonista di Horcynus Orca.

1 commento:

  1. 'un c'ero ancora stato su bc...beh, che altro dire? (come dice il link a queste tue pagine) che non finisce lì. perché le cose che stanno accadendo mi danno la nausea, e nausea oggi, nausea domani, poi si vomita. grazie tonino.

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