Poi ti imbatti in Horcynus Orca e tutto salta: è un libro esuberante, crudele, viscerale e spagnolesco, dilata un gesto in dieci pagine; spesso va studiato e decodificato come un arcaico, eppure mi piace, e non mi stanco mai di rileggerlo e ogni volta è nuovo.
Lo sento interamente coerente, arte e non artificio; non poteva che essere scritto così. Mi fa pensare a una certa galleria che è stata scavata secoli fa, nella roccia, in Val di Susa, da un uomo solo in dieci anni: o a una lente con aberrazioni, ma di portentoso ingrandimento.
Mi attira soprattutto perchè D'Arrigo, come Mann, Belli, Melville, Porta, Babel e Rabelais, ha saputo inventare un linguaggio, suo, non imitabile: uno strumento versatile, innovativo e adatto al suo scopo.
Primo Levi, La ricerca delle radici (su segnalazione di Demetrio Paolin)
Nessun commento:
Posta un commento